Brescia, anche gli scout ucraini per accogliere la luce di pace di Betlemme
La pace è uno spiraglio. Una porta che s’apre e si chiude nel volgere di un attimo. Bisogna saper cogliere il momento e quando finalmente la si stringe fra le mani è imperativo tutelarla, proteggerla e diffonderla, affinché giunga in ogni dove e lì metta radici.
In una metafora un po’ ardita sta il senso della «Luce della Pace», che da secoli arde nella basilica della Natività a Betlemme e che da lì ogni anno, da quasi quarant’anni, si muove per raggiungere le case d’Europa attraverso una lunga staffetta su rotaia sorvegliata dagli Scout.
Al binario
La fiaccola è arrivata alla stazione di Brescia alle 13.26 in punto. Ad attenderla al secondo binario c’erano almeno centocinquanta persone, accalcate sulla banchina fra pendolari e viaggiatori, ma riconoscibili da lanterne, candele e cerini stretti fra le mani. E l’occhio puntato all’orizzonte, pronti allo scatto repentino per intercettare il vagone giusto. La fiamma, infatti, non ha deroghe speciali ai tempi del convoglio. Il treno arriva, si ferma e riparte secondo tabella di marcia: tocca afferrarla quasi al volo, durante la breve sosta.
Un compito preziosissimo, affidato ai rappresentanti delle Acli provinciali e del Masci, ai giovani scout di numerosi gruppi della provincia – da Roncadelle a Vobarno, da Quinzano a Gussago –, insieme a sindaci e comuni cittadini. A colpire, ieri, era soprattutto la presenza significativa e discreta di tre scout ucraini. In seguito ad un gemellaggio estivo col Gruppo Brescia 7, circa un anno fa è nato a Brescia un piccolo distaccamento dell’associazione ucraina Scout Plast. Al momento raduna tre adulti e cinque bambini, fra cui Oleksii e la piccola Diana, fuggita dalla sua casa al confine con l’Ungheria e arrivata circa tre anni fa nella nostra città.
Gesto d’amore
«Sono venuta qui con la mia mamma e sono felice – racconta la bimba –, ma mi manca la mia famiglia che è rimasta in Ucraina». È lei la traduttrice del gruppo, che si appoggia alla Parrocchia di Santa Maria in Silva. Per lei la Luce della Pace rappresenta «un gesto d’amore e ci ricorda che siamo ancora tutti uniti, nonostante la distanza. E che anche in questi momenti difficili, anche se ci troviamo in Paesi diversi, la distanza non significa niente. Ce lo ricorda questa fiamma che ci passiamo l’un l’altro».
Una fiamma che anche quest’anno, come ogni anno, il sindaco di Gussago Giovanni Coccoli ha raccolto e trasporterà con cura in Municipio, dove fino al 7 gennaio sarà a disposizione dei cittadini. Cittadini che a Brescia potranno trovarla a partire da domani nella sede Acli di via Corsica e da qui portarsene via una scintilla, per diventarne a loro volta custodi. «Proteggere e diffondere questa luce di speranza – sottolinea la presidente delle Acli Stefania Romano – è importante sempre e a maggior ragione quest’anno. Ci ricorda che tutti noi siamo chiamati a tenere viva la fiamma della speranza, affinché si apra finalmente un nuovo anno di pace».
«Disarmata e disarmante»
Daniela e Davide rinnovano questo rito ormai da quattro anni. «È una luce che scalda la nostra casa e che ci fa sentire bene» raccontano. Ma trasporteranno questa fiamma della pace anche nelle chiese di San Giacinto e del Beato Palazzolo. «La offriremo poi ai bimbi del catechismo – conclude Daniela – che si stanno preparando per i sacramenti».
Da Betlemme a Brescia, la fiamma benedetta quest’anno dal cardinal Pizzaballa invita a quella pace «disarmata e disarmante» invocata da Papa Leone XIV e dalle migliaia di uomini, donne e bambini in tutto il mondo che trascorreranno un altro Natale nei rifugi e sotto le bombe, fra le macerie e nel terrore. Nell’attesa che la pace divampi, come un incendio.
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