Brescia Pride, oltre 10mila in piazza: «Diritti uguali per tutti»
Sì: c’erano i colori dell’arcobaleno, la musica dai carri che ha dettato il ritmo al corteo, i brillantini, i tacchi alti, le risate a squarciagola, le bandiere arcobaleno, i cartelli (provocatori? Qualcuno: una maschera di Papa Francesco, un paio di santini che dichiaravano «love is love», un signore che ha sfilato con una croce sulle spalle e che più di qualcuno dei presenti non ha apprezzato: «Ecco, così si ridurrà ancora a questo. Se non vogliamo che ci ridicolizzino – dice scocciato Michael – non dovremmo ridicolizzare noi per primi»). Ma no: non è questo il punto, non è la festa il punto.
La festa è lo strumento, pacifico come dovrebbero essere i diritti, per tenere alta l’attenzione su un messaggio: cara Italia, ancora non ci siamo. Non ci siamo sulla Pace, non ci siamo sui diritti civili, non ci siamo sul rispetto della libertà di ciascuno, non ci siamo sull’uguaglianza. Non del tutto, almeno, e «sicuramente non per tutti».
Eccolo il significato di «diritto all’autodeterminazione», eccolo il senso del Pride 2024: ricordare che i diritti, anche quelli conquistati, non sono mai scontati. E che per preservarli o per riuscire ad ottenerli, bisogna metterci la faccia, non smettere di chiederli e rivendicarli, insieme. Perché, come ha dimostrato la platea eterogenea che ha colorato le vie della città ieri, non si scende in piazza solo per sé.
Ieri, ad esempio, chi è sceso in piazza lo ha fatto anche per la Palestina (l’enorme bandiera ha sfilato proprio al centro del corteo) e per dare sostegno a chi ha una disabilità e viene discriminato sul lavoro (e non solo): anche questo – come hanno spiegato le voci dell’associazione Brescia Pride – significa «diritto all’autodeterminazione».
Comunità
Il Pride è insomma una manifestazione inclusiva: per molti è spesso l’unica vera esposizione pubblica alla cultura Lgbtqiapk+ (acronimo che sta per lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali, pansessuali, kink) e pur sostenendo il diritto all’uguaglianza, per tutto l’anno il loro supporto è per lo più silenzioso. Avere un sostegno pubblico trasversale è dunque fondamentale.
Lo spiega il manifesto di quest’anno: «Ci vogliamo far sentire per progettare insieme una società a misura di ogni persona». Viene ribadito dal palco da chi ha organizzato la manifestazione: «Ogni persona va tutelata, i margini stanno straripando». Ma, soprattutto: «Raccontare le cose, tutte, può cambiarle».
La festa è un grido comunitario, è la celebrazione di un percorso fatto, ma non ancora compiuto: è quindi anche, per certi versi, la conclamazione pubblica dei fallimenti d’oggi lungo la strada dei diritti (non solo quelli invocati dalle associazioni Lgbtqiapk+) e l’esigenza di affrontare dibattiti e temi ancora oscurati: il matrimonio, eguali diritti per genitori dello stesso sesso e, dunque, per i loro figli, il tema delle adozioni, il disegno di legge contro l’omobitransfobia (il ddl Zan è stato accantonato dopo un dibattito che aveva scombussolato pure le forze politiche al loro interno), il confronto su come trattare nelle scuole una realtà che esiste. Ma anche il lato (dis)umano dei conflitti in corso, quelli raccontati e quelli dimenticati.
In mezzo al corteo
Sotto la bandiera dei diritti, quest’anno, hanno scelto di sfilare in migliaia: ad accompagnare i sei carri e a comporre «l’onda dell’Orgoglio» c’erano oltre diecimila persone, anticipate – in testa – dai rappresentanti istituzionali che hanno sostenuto il Pride con il patrocinio, a partire dalla «padrona di casa», la sindaca Laura Castelletti.
Attorno alle 17.45, sulla via del ritorno in piazza Vittoria per il momento dei discorsi dal palco, tra le note di «Maledetta primavera», spunta Guido: 76 anni «suonati», come dice lui. «Sono stato un professore, mi sono sempre dovuto nascondere, ai miei tempi era tutto più complicato: di strada ne è stata fatta, è innegabile. Ma ce n’è ancora da fare parecchia: le discriminazioni ci sono ancora oggi, solo che sono più subdole perché sono spesso mascherate dal bon ton. Sono qui perché oggi posso essere uno fra tanti».
La serenità si vaporizza mezzo secondo dopo, insieme al sorriso: «Niente foto però, per favore. Molti amici non sanno nulla, non so come la prenderebbero...». Ecco perché la piazza serve.
La sindaca
In testa al corteo, braccialetto color arcobaleno al polso e un appoggio ormai «storico». La sindaca Laura Castelletti è da sempre al fianco del Brescia Pride e il suo sostegno alla battaglia per i diritti non è mancato neppure quest’anno. Lo ha rimarcato lei stessa, dal palco: «Grazie per tutte le occasioni in cui mi avete invitata a guardare e vivere la città con punti di vista e occhi diversi, mai scontati. Troppo spesso sofferenza e discriminazioni ci stanno accanto e si alimentano di piccoli gesti e parole».
L’appoggio è esplicito: «Sono al vostro fianco nella battaglia per allargare le opportunità e riconoscere i diritti di tutti, per costruire una società giusta, inclusiva, in cui la cura e il rispetto siano valori fondamentali e condivisi. È un atto nel quale continuerò a impegnarmi, voglio una Brescia in cui ogni individuo si senta accolto e libero».

La piazza di ieri, per Castelletti è stata anche «l’occasione per guardarci negli occhi e vedere che siamo in tanti a non restare indifferenti» e che «siamo pronti a metterci in gioco anche per aprire un confronto serio. In fondo, qui, stiamo rispondendo a una domanda: che tipo di società vogliamo essere? Viviamo in un mondo interconnesso, in cui giustizia e inclusione devono estendersi a tutti, dobbiamo poter essere chi siamo senza timori. Ma il percorso di ognuno, per avere senso e realizzarsi appieno, deve fare parte di una visione più ampia. E ritengo che il rispetto per la diversità umana e il rispetto per l’ambiente siano due facce della stessa medaglia: giustizia sociale e ambientale devono andare di pari passo. Oggi siamo qui anche per le persone che vivono nell’ombra e il Pride ci ricorda che insieme possiamo cambiare le cose»
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