Attivista marocchino in cella: Casablanca chiede l’estradizione

Il governo marocchino lo ritiene un problema. Per la campagna mediatica che sta portando avanti da tempo e con la quale denuncia la presunta corruzione nelle istituzioni.
Dopo un primo tentativo andato a vuoto, è scattata una nuova richiesta di estradizione firmata dal tribunale di prima istanza di Casablanca nei confronti di Driss Farhan, 59enne nato a Fez, in Marocco, da oltre 30 anni residente a Brescia, giornalista e attivista che attraverso un giornale online punta il dito contro il malaffare nella sua terra di origine. «È diventato il nemico numero uno dello Stato marocchino a causa delle informazioni sensibili che pubblica» spiega la sua comunità.
L’arresto e le accuse
Sposato con una donna italiana, padre di due figlie già grandi nate a Brescia, ora Driss Farhan si trova in carcere. La Digos della Questura, come prevede la legge, non ha potuto fare altro che eseguire il mandato arrivato dal Marocco. Secondo le prime ricostruzioni il 59enne sarebbe accusato di tentata immigrazione clandestina da parte dal tribunale di Casablanca. Al momento non ci sono prove. «La legge prevede che nell’arco di 40 giorni debbano essere depositate le motivazioni della richiesta di arresto e di estradizione», spiega l’avvocato Lorenzo Cinquepalmi che difende l’attivista. Oggi come un anno fa, quando il Marocco chiese l’estradizione di Driss Farhan all’epoca accusato di diffamazione «verso alcune importanti personalità marocchine».
I familiari sono convinti che anche questa volta le istituzioni marocchine vogliano colpire l’attivista per reati di opinione. Riportarlo in patria, arrestarlo e quindi zittire il suo sito internet d’inchiesta.
Il precedente
La Procura generale prima e la Corte d’appello di Brescia negarono l’estradizione. «Che non è concessa, tra gli altri casi, quando lo Stato richiesto ha fondati motivi per ritenere l’estradizione sia richiesta per perseguire o punire la richiesta per motivi di opinioni politiche», scrisse il presidente del collegio Claudio Mazza. Aggiungendo: «Nel caso di specie, come indicato dallo stesso procuratore generale che ha chiesto il rifiuto della domanda, questa Corte ha fondati motivi per ritenere che la richiesta di estradizione in realtà abbia il fine di perseguire il 59enne per finalità politiche, ovvero per le sue opinioni personali».
Oggi il Marocco è al 135esimo posto nell’indice mondiale della libertà di stampa. «Dagli atti – stabilì il procuratore generale – emerge una situazione piuttosto critica per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani in Marocco, con speciale riguardo proprio alla situazione dei giornalisti, che sono sorvegliati e perseguitati per le loro opinioni espresse attraverso la stampa».
Ora entro un mese l’Italia dovrà nuovamente pronunciarsi sul destino dell’attivista marocchino.
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