Attivista marocchino in carcere: «Non sarà estradato, verrebbe punito»

Il secondo no in un anno. Ancora una volta la Corte d’appello di Brescia ha negato l’estradizione dell’attivista Driss Farhane, 59enne nato a Fez, in Marocco, da oltre 30 anni residente in città, che attraverso un suo blog online punta il dito contro il malaffare nella sua terra di origine. E che le autorità marocchine vorrebbero mettere in carcere a Casablanca e processare dopo averlo fatto arrestare a Brescia a fine aprile su mandato di cattura internazionale contestando il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per fatti relativi a cinque anni fa.
Per la giustizia italiana si tratta però solo di un pretesto delle autorità marocchine per riportare in patria il 59enne. Come già avvenuto a giugno di un anno fa quando anche allora venne detto no all’estradizione.
«Dal quadro complessivo emergono fondati elementi che fanno ritenere che la domanda di estradizione abbia il fine di perseguire Farhane per le opinioni politiche espresse», scrivono i giudici bresciani della Corte d’appello nella sentenza in cui esprimono «parere sfavorevole all’estradizione richiesta dal Regno del Marocco».
Farhane non è un giornalista professionista, non è iscritto ad alcun albo, ma con la sua attività in rete è ritenuto «inviso ad alte cariche dello Stato marocchino» scrive la Corte che in riferimento all’inchiesta sul presunto favoreggiamento dell’immigrazione clandestina contestato al 59enne attivista aggiunge: «Il tentativo di ottenere l’estradizione sulla base di un semplice atto di polizia getta una luce preoccupante sul reale intento perseguito». Il caso però non è ancora risolto.
Il ricorso
La Procura generale ha infatti presentato ricorso in Cassazione contro la mancata estradizione di Driss Farhane, cambiando opinione rispetto ad un anno fa quando chiese ai giudici di negare il ritorno in Marocco. «Farhane, sotto le simulate spoglie, non è altro che un diffamatore seriale che, quando può finalizza la diffamazione al conseguimento di somme di denaro e quindi alla commissione di estorsioni» scrive il Procuratore generale Guido Rispoli.
Il riferimento è alla condanna per diffamazione aggravata a tre anni – nei confronti del titolare di un’attività di onoranze funebri – che l’attivista sta attualmente scontando in Italia. La Procura generale riferisce che il 59enne è stato denunciato otto volte sempre per lo stesso reati di diffamazione attraverso il suo blog, nel quale pubblica notizie «intese a screditare le persone offese con, talvolta, richiesta di pagamenti per procurare la cessazione della pubblicazione». La Corte d’appello non ha però sposato la tesi dell’accusa.
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