A San Cristo un soffitto dipinto per sentirsi protetti

Clementina Coppini
Un luogo dove arte e storia si intrecciano: dalle storie della Bibbia agli affreschi di Frate Benedetto, fino ai dettagli più curiosi che raccontano le vicende di ordini religiosi e di chi ha abitato questi spazi
La straordinaria serie di affreschi che dominano le pareti della Chiesa di San Cristo, in città
La straordinaria serie di affreschi che dominano le pareti della Chiesa di San Cristo, in città
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Il nome completo è Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, ma a Brescia la chiamano San Cristo. Quattrocentesca, si trova tra Santa Giulia e il Capitolium, in cima a una stretta scenografica scalinata. Dal basso s'intravede la sobria facciata, che si mostra per intero solo a fine salita.

Facciata sobria ma con un portale rinascimentale perfetto realizzato dai Rodari, scultori e architetti italo-svizzeri operanti a quei tempi. Sopra il portale c'è una lunetta di Paolo da Caylina il Vecchio e a contorno di essa pare ci fosse un'Annunciazione, ora non distinguibile (ma ammalorata già nel Cinquecento), di cui resta, all'Accademia Carrara di Bergamo, il cartone preparatorio del Moretto.

Un trionfo di affreschi e memoria

Si entra di lato, attraversando due chiostri. Ed ecco che si apre un'aula unica tutta ricoperta di affreschi. Finte architetture (un'alta colonna dipinta si erge come opera d'arte a sé stante, quasi fosse la celebrazione dell'idea di colonna, del concetto di sostegno), martiri martoriati, madonne in trono, festoni, angeli e demoni, salvati e dannati. In centro alla volta, sopra la Crocefissione, si vede il Padreterno.

No, non è proprio tutta dipinta. Ci sono parti bianche di affreschi perduti e persino un pezzo di muro coperto da grandi piastrelle rettangolari in mezzo alle quali c’è la tomba di monsignor Pietro Capretti, morto nel 1890 e trasferito qui dal Vantiniano nel 1934. E poi la raccolta della Manna, Melchisedec, Abramo, Isacco, gli Apostoli, San Rocco, San Cristoforo e c'è anche spazio per il Beato Giovanni Colombini, mercante/banchiere senese del Trecento (rimasto beato non tanto per il suo mestiere quanto perché lui e i suoi erano in odore di eresia) convertitosi alla povertà nonché fondatore dei Gesuati, che edificarono questa chiesa e furono soppressi nel Seicento da uno dei molti inclementi Clementi (il nono).

La bellezza che protegge e consola

Ora, dopo secoli, il monastero (che nel frattempo è stato convento francescano e seminario) ospita i Padri Saveriani di San Guido Maria Conforti, vissuto tra fine Ottocento e inizi Novecento. Ordini che vanno e che vengono, sotto queste pitture dai molti autori e restauratori.

Girolamo da Brescia, Lattanzio Gambara, il Bagnadore e il Trainini nel Novecento, ma il più si deve a Frate Benedetto da Marone, che dipinse ispirandosi (a volte vagamente) alla Cappella Sistina di Michelangelo. Questo luogo, che vide l'intervento di molte mani al lavoro e in preghiera, è riuscito a conservare l'aspetto originario e forse anche l'originario spirito.

La sua storia, intricata nella sua fluidità, si specchia in pitture complesse nella loro semplicità e lo fa in modo avvolgente, seducente, mistico, pacificante. Ti siedi in mezzo a questo trionfo di colori e tutto il resto, tutto il fuori e tutto il risentimento che hai dentro scoloriscono per un po'. Le quotidiane brutture sono lontane. Sei sopraelevato, sei protetto. Irraggiungibile.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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