Vola, Caterina vola verso la vita

Neonate, coccinelle, maggiolini al laccio e un «benvenuta» alla piccola
I volontari e l'infermiere del Cosp di Mazzano che hanno assistito la neomamma nel parto d'urgenza - © www.giornaledibrescia.it
I volontari e l'infermiere del Cosp di Mazzano che hanno assistito la neomamma nel parto d'urgenza - © www.giornaledibrescia.it
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Aveva fretta di volare verso la vita. La piccola Caterina di Mazzano ha anticipato tutti: è venuta al mondo tra le braccia dei volontari accorsi per portare in ospedale la mamma assalita dalle doglie. Già di per sé Caterina è un bellissimo nome. Trae origine dal greco antico katharòs e indica ciò che è pulito, chiaro, sincero.

A noi che siamo stati tirati su a latte e dialetto, poi, non può non tornare alla mente quando - bambini - chiamavamo Catarìna la coccinella. La si prendeva delicatamente sul dorso della mano e si recitava una filastrocca («Catterìna vùla ’n ciél / che ta spèta San Michél / San Michél dèla Palàda / Catterìna l’è zà vulàda») fino a che questa volava via.

Per alcuni, nella filastrocca, San Michél diventava el tò Michél mentre la Palàda diventava panàda. Ma tant’è: il dialetto non chiede precisione accademica, il dialetto chiede sentimento. Tutt’altro volo - certo più triste - era concesso invece al maggiolino dal bel verde cangiante, quello che in molte zone della Valcamonica viene chiamati zéa (e varianti) e nel resto della provincia pampógna (e varianti). I bambini lo catturavano, ne legavano una zanfìna col fìl de réf e lo menavano in aria al crepuscolo. Nella vicina Bergamasca il maggiolino è detto balóres, termine che personalmente sento risuonare nel nostro tabalóre, aggettivo dato a chi non brilla per acume o iniziativa. Nemmeno a lui - però - è negato il conforto di affidarsi alla preghiera: «Signùr, mé só un pòer tabalóre / tignìm la mà söl có se nò më sóre...» Insomma: meglio coccinella che maggiolino. E allora benvenuta Caterina. Buon volo.

 

 

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