Voglio la verità: mio figlio non è un assassino
Verità e giustizia. Non uno slogan di qualche associazione, ma la richiesta, semplice quanto accorata di un padre che non crede che il figlio possa essere un assassino, richiesta rivolta a chiunque possa far luce su una storia con troppi misteri. Raffaele Esposito, 70enne bresciano, a distanza di quasi quattro anni non si dà pace, ma soprattutto vuole sapere cosa sia esattamente accaduto la notte tra il 15 e il 16 novembre del 2008, a Truyillo, Honduras, dove il figlio Paolo, 44 anni all'epoca dei fatti da tempo residente in Centro Amrica, secondo la ricostruzione della polizia locale, avrebbe prima uccio sua figlia, di 5 anni, e poi i figli della sua ex compagna di 9 e 12 anni. Quindi si sarebbe suicidato.
Tutto dopo una lite con l'ex compagna che aveva lasciato i figli soli a casa. Ma secondo Raffaele Esposito, che non riconosce il figlio nella violneza di quanto accaduto, la ricostruizione non sta in piedi . Diversi elementi di indagine sarebbero spariti, altri nemmeno presi in considerazione. Molti i lati oscuri della storia, compreso il fatto che, non sia mai stato trovato il proiettile del colpo che Paolo Esposito si sarebbe sparato in bocca, senza foro d'uscita.
Inutili fino ad oggi gli appelli alle autorità locali, agli enti preposti e anche all'ambasciata italiana in Honduras. Solo pochi giorni fa Raffaele Esposito, disperato, ma non rassegnato, ha inviato una nuova lettera al procuratore a Truyillo per riavviare le indagini su quello che in Honduras è stato archiviato come un omicidio suicidio. Al momento non è ancor arrivata una risposta, ma certo, in cuor suo, Raffaele Esposito spera che qualcuno finalmente cominci a ragionare da padre più che da burocrate.
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