Voci di donne, uomini e luoghi: così Chiusure diventa quartiere parlante

Il quartiere parlante. Con le immagini e le voci. Dieci cartelli posizionati in altrettanti angoli di Chiusure per raccontare vicende di uomini, donne e luoghi.
I portici con i negozi di viale Caduti del lavoro, le Case dei francesi, la costruzione dei condomini a Sant’Anna, la collina di Torricella, i nuovi abitanti di via Martinoni, e poi l’oratorio di padre Giulio Bevilacqua, la carrozzeria Ruggeri. Pezzi di storia con le fotografie degli anni Cinquanta e Sessanta corredate dalle testimonianze di chi c’era, ascoltabili attraverso il Qr code.
L’iniziativa, finanziata con fondi legati ai bandi di Brescia Bergamo Capitale italiana della Cultura, è firmata dal Punto Comunità, dall’associazione culturale Il Salterio e dal Teatro 19 con la collaborazione del Comune. A ispirarla è stato Francesco Florenzano, insegnante, cresciuto fra queste strade, curatore della ricerca sulle origini del quartiere diventata il libro «Chiusure. Un quartiere aperto. Torricella, S. Anna, S. Antonio, S. Giacomo». La sua pubblicazione, quattro anni fa, venne accompagnata da una mostra con le fotografie prestate dai cittadini. Un successo bissato nel giugno del 2021. Non un semplice amarcord, piuttosto la volontà di conservare la memoria e di rafforzare l’identità del quartiere.

Ascoltare
«La posa dei cartelli in alcuni angoli di Chiusure - spiega Florenzano - è la continuazione di quelle iniziative. Lo scopo è lo stesso: lasciare tracce del passato, che chiunque può vedere ed ascoltare». I cartelli sono stati collocati nei luoghi riprodotti dalle fotografie. Ad esempio, accanto alla scuola elementare Cristoforo Colombo c’è il ritratto di una mamma con il figlio in braccio, scattata nel campo dove poi venne costruito l’edificio. Sul cartello vicino ai portici di viale Caduti del lavoro, di fronte al Caffè latteria Barone, c’è l’immagine d’epoca della storico locale aperto nel novembre del 1953, anno di nascita del quartiere Chiusure. Oggi la gestione è affidata ad Alessandra, nipote della prima barista, Agostina Lanzani.
Latteria
«Questa era una zona di campagna - dice Alessandra - che stava vivendo una grande espansione edilizia. Nuove case per ospitare chi si trasferiva in città per andare a lavorare nelle grandi industrie, dall’Atb all’Ideal Standard». Nel suo locale conserva le insegne originarie della latteria. Alessandra, per altro, è stata fra gli animatori delle mostre del 2019 e del 2021, raccogliendo dai residenti le vecchie fotografie. I Qr code sui cartelli raccontano storie di miseria, dignità, riscatto. Non così lontane dall’oggi.

Racconti
Una voce di donna narra di quando padre Giulio Bevilacqua, parroco dal 1949 al 1965, trovò lavoro a sua madre vedova, un posto come cuoca alla scuola elementare: a casa arrivavano il salario e gli avanzi della mensa per pranzo e cena. Un’altra voce descrive la meraviglia nel trovare, arrivando nel nuovo alloggio di Chiusure, la vasca da bagno, le piastrelle sul muro della cucina e più stanze da letto («Prima dormivamo in cinque in una stanza»). I traslochi si facevano con il carretto trainato dal cavallo (bella la foto all’angolo di via Martinoni).
Preziosa la testimonianza di una residente nelle Case dei francesi, alla Baia del Re, gente scappata dalla Corsica allo scoppio della Seconda guerra mondiale: si sentivano un po’ discriminati da chi già viveva da quelle parti. Il quartiere parlante racconta se stesso. Disponibile verso chi voglia ascoltare.
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