Via Sante Marie del Mare, l'«arredo» a casa di chi non ha casa

Un divano sotto il cavalcavia. Un tocco di arredo (davvero poco urbano) in una via che è casa di chi non ha casa
Via Sante Marie del Mare, a Brescia Due: un divano abbandonato nello scatto di un lettore
Via Sante Marie del Mare, a Brescia Due: un divano abbandonato nello scatto di un lettore
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Via Sante Marie del Mare. Un nome altisonante, per una via senza civici e senza case. Ma che all'anagrafe, se non altrove, è casa proprio di chi un tetto non ha. Non uno scioglilingua, ma un angolo di città prestato a chi altrimenti non dispone di un domicilio. Indispensabile per la legge. Ex detenuti appena usciti dal carcere, persone senza fissa dimora, uomini e donne in cerca di una nuova vita, talvolta di una nuova partenza hanno un comune indirizzo riportato sulla carta d'identità: via Sante Marie del Mare, appunto.

Certo, quello scorcio voltato di cemento, un cielo bigio più bigio del cielo d'inverno, quella manciata di metri d'asfalto tutti compresi sotto il cavalcavia Kennedy, a due passi dal Parco Tarello, sono un po' angusti. E certo spogli, se si escludono i manifesti affissi a colorarne le pareti, per generoso slancio di qualche «attacchino» pubblico.

Deve averlo notato anche chi ha pensato di adoperarsi per colmare quel transito vuoto. Piazzandoci un divano. Forse buono anche a far da letto, seppure allo sguardo non molto in arnese. Un tocco di arredo - invero poco urbano - che, a voler pensar bene, potrebbe costituire quasi un gesto di solidarietà verso chi per tetto ha il lato oscuro di un sovrappasso carraio, e mobili talvolta non se ne può permettere. Ma che probabilmente è piuttosto un caso di inciviltà, come denuncia il lettore che ci ha inviato lo scatto riprodotto in questa pagina.

Per ironia - ma non per caso: ci piace credere che le cose a volte si tengano - proprio dietro a quei cuscini di tessuto vinaccia dall'imbottitura vacillante, sta una serie di manifesti della mostra del Pitocchetto, che proprio ai poveri e ai senza casa della città dedicò la propria opera. Mentre, a fianco, campeggiano quelli che raccontano di una mostra di denuncia sulla terra ferita della Leonessa. Quasi un rimando, involontario, all'idea che quello che è pubblico è di tutti e non di nessuno, e come tale va curato e preservato. Non arredato, insomma, con un divano ormai troppo vecchio di cui non si sa come sbarazzarsi.

Gianluca Gallinari

 

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