Una nuova mensa nell’ex Buonissimo: intesa Loggia-Ateneo

La giunta approva la bozza di protocollo. Ora la verifica sulla fattibilità economica
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Sotto l’aula studio dedicata a Umberto Eco potrebbe presto aprire una mensa universitaria. L’ex Buonissimo di corso Mameli completerebbe così la sua trasformazione in polo studentesco, rivitalizzando la via e quella porzione ci centro storico.

Nella giunta del 30 dicembre, la Loggia ha approvato la bozza di protocollo d’intesa da sottoscrivere con l’Università. Ora si tratta di verificare le condizioni tecniche ed economiche affinché l’operazione possa andare in porto, in modo che già il prossimo autunno la mensa possa aprire.

Nel documento si dà conto che «l’Università ha intenzione di realizzare una mensa in centro storico», da aggiungere a quella di Mompiano. Anche la Cattolica e il Conservatorio hanno manifestato l’interesse a utilizzare il nuovo servizio.

Dove? La soluzione individuata è quella del piano terra e dell’interrato dell’ex Buonissimo di corso Mameli (già ex Oviesse): nei piano rialzati Brescia Infrastrutture, la società comunale proprietaria dell’immobile, ha già inaugurato la nuova aula studio; sotto, gli spazi «presentano le caratteristiche, per struttura e ubicazione, idonee ad accogliere una mensa».

Loggia e Ateneo si sono dati tre mesi per definire un «accordo attuativo», «previa verifica della fattibilità del progetto», anche «nel rispetto delle necessità di Brescia Infrastrutture», che deve mettere a reddito quella parte dell’immobile. Società. Brescia Infrastrutture «condivide l’opportunità di destinare quegli spazi a servizi universitari».

Ora, spiega il presidente Fabio Lavini, «andranno verificata la fattibilità tecnica, in base alle esigenze degli operatori che gestiranno la mensa, e la sostenibilità economica». Non si tratta solo di ottenere l’affitto più alto, rispetto ad altre opzioni, ma di valutare il progetto nel suo complesso. Anche per questo è ormai «tramontata» l’ipotesi di un ritorno di Ovs, che pure aveva presentato un’offerta. «Noi valutiamo la qualità dell’operatore, il rischio di permanenza, i costi d’intervento a nostro carico, il loro ammortamento: capitalizzando costi e ricavi il ristoro per l’azienda non era adeguato». Insomma, con Ovs «non c’erano le condizioni per chiudere». E così si è aperta l’opzione mensa.

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