Un gladiatore (quasi) smascherato

Siamo uno, nessuno, centomila, cambiamo continuamente a secondo degli incontri della vita
Russel Crowe sul set del film Il gladiatore
Russel Crowe sul set del film Il gladiatore
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Ogni volta che passo nel reparto ortofrutta al supermercato mi emoziono. Passo tra le corsie e mi sento come Russel Crowe nel Gladiatore quando sogna di camminare nel suo amato campo accarezzando le spighe di grano. Io guardo quel gigantesco sedano rapa, e poi le zucchine, i pomodori sempre maturi, i poderosi cicorioni, le eleganti erbette, negli occhi compaiono delle dolci lacrime di commozione, sfioro le verdure con le mani e la mente è già nel mio orto a immaginare lo splendore dell’estate.

L’unica nota stonata è il costume da generale romano di Massimo Decimo Meridio/Crowe, nonostante abbia iniziato un’intensa attività fisica con i pesetti da un chilo e mezzo, i risultati faticano a vedersi. Ma del resto ho sempre odiato i travestimenti e non sopporto il carnevale.

È colpa di mia mamma, devo ammetterlo. Quand’ero piccolo temeva sempre che avessi freddo, così alla sfilata della domenica pomeriggio sotto il costume di Zorro avevo sempre un fastidiosissimo dolcevita di lana, solitamente rosso o azzurro. Così ogni anno, a carnevale, inizia a prudermi il collo. Ma del resto, come ci insegna Pirandello, indossiamo una maschera ogni giorno. Siamo uno, nessuno, centomila, cambiamo continuamente a secondo degli incontri della vita.

Fatto questo doveroso sfoggio di cultura, capita anche che qualcuno tenti di smascherarci. Sono passato dal mio amico Stefano, l’ho trovato al lavoro nell’orto. È ancora presto, gli dico. G’hó de portàm aànti - mi dice - mé vànghe de bù, mìa come té che ta gh’ét l’órt che l’è en quartino söl giornàl. Inopportuno.

 

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