Un antechino tra le arachidi

Sono un ortolano che ama sperimentare, mi approccio con entusiasmo a nuove coltivazioni. Quest’anno ho messo a dimora nei miei terreni una pianta di arachidi. Come tutte le leguminose anche le arachidi prendono azoto dall’atmosfera e lo fissano nel terreno arricchendolo, è quindi un’ottima pianta da inserire nella rotazione delle colture di un orto sinergico. I deliziosi fiori gialli si piegano conficcandosi sotto terra, danno vita al baccello coi semi: sono queste le noccioline. La pianta necessita di irrigazioni regolari, ma bisogna fare attenzione che non ci siano ristagni d’acqua: potrebbero essere l’ambiente perfetto per il proliferare di pericolosi parassiti. Per sperare di arrivare alla tostatura delle arachidi bisogna quindi incamminarsi lungo un sentiero di amorevoli cure. Senza esagerare però con le amorevoli cure.
La vita dell’antechino ce lo insegna. Il piccolo marsupiale (che assomiglia in verità a un topo) durante la stagione degli amori si dedica totalmente alle antechine, fin troppo però. Fino a maggio l’animaletto resta con la mamma come un bamboccione qualsiasi, poi d’estate esce di casa e scopre il mondo, una scoperta che gli sarà fatale. Per garantire la prosecuzione della specie, l’antechino inizia una frenetica attività, talmente frenetica che nel giro di poche settimane gli provoca un drastico degrado fisico. Il sistema immunitario si indebolisce, il pelo comincia a cadere. Ma lui non si arrende, continua fino a morire. Nessun maschio raggiunge l’anno di età. Ecco, e poi c’è chi contesta la mia passione per i pomodori.
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