Tutti sapevano, nessuno controllava: Pecorelli assolto

L'ex rettore era accusato di essersi assentato troppo spesso dal reparto nel quale era primario
Il saluto al rettore Pecorelli
Il saluto al rettore Pecorelli
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Tutti sapevano, nessuno ha controllato e il primario è stato assolto perché il fatto non sussiste. Estrema sintesi delle 14 pagine di motivazioni dell’assoluzione pronunciata nei confronti di Sergio Pecorelli finito a processo con l’accusa di truffa «per aver ottenuto l’indennità per la funzione di direttore dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia degli Spedali Civili per il 2012-2013-2014 nonostante non avesse mai svolto alcuna attività all'interno del reparto» era stata l'accusa mossa dalla Procura che in aula aveva chiesto la condanna ad un anno. Il periodo preso in considerazione era lo stesso in cui Pecorelli era anche rettore dell'Università bresciana. In ospedale avrebbe agito - secondo la ricostruzione di Pecorelli - «forte di un accordo con il direttore generale del Civile Ezio Belleri: non avrebbe dovuto attestare la sua presenza sul posto di lavoro mediante timbratura». Modus operandi che, secondo la tesi dell’accusa, avrebbe indotto in errore chi ha autorizzato il pagamento dell’indennità. Il gup Cesare Bonamartini da una parte ritiene «non siano stati posti in essere artifizi o raggiri rilevanti da parte dell’imputato», ma dall’altra sottolinea come nessuno ha controllato. E tutti sapevano. «Mi rivolgevo al professor Sartori sebbene non fosse il responsabile» ha spiegato un dirigente medico e «dichiarazioni circa l’assenza pressoché totale di Pecorelli dal reparto venivano rese da altri colleghi». Mentre Ezio Belleri in aula ha riferito «di non essere a conoscenza dell’effettiva frequenza da parte di Pecorelli del reparto». Una mancanza di controllo sottolineata nelle ultime pagine di motivazioni della sentenza di assoluzione. «È evidente - scrive il giudice- che stante l’assenza di condotta fraudolenta, mai gli uffici amministrativi hanno ritenuto provata la presenza in reparto dell’imputato ai fini dell’erogazione dell’indennità variabile di risultato». Detto questo e «a fronte di comprovato inadempimento da parte di Pecorelli» il giudice ritiene «che manchino raggiri per ottenere lo stipendio non dovuto»

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