Tanti scatti per raccontare le sue passioni

Giulia e quegli occhialoni da sole anni Settanta che le nascondono gli occhi. Si vede solo il sorriso al di sotto della montatura, che un giorno è rossa e un giorno è bianca. Nelle foto più belle sorride a gambe incrociate seduta nel sole con le all star ai piedi, nell'erba o sopra un gradino. Giulia che dipinge assorta, Giulia che abbraccia le amiche a un concerto, quello del Primo Maggio in piazza San Giovanni a Roma, una manciata di primavere fa.
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Giulia e quegli occhialoni da sole anni Settanta che le nascondono gli occhi. Si vede solo il sorriso al di sotto della montatura, che un giorno è rossa e un giorno è bianca. Nelle foto più belle sorride a gambe incrociate seduta nel sole con le all star ai piedi, nell'erba o sopra un gradino. Giulia che dipinge assorta, Giulia che abbraccia le amiche a un concerto, quello del Primo Maggio in piazza San Giovanni a Roma, una manciata di primavere fa.

Un ventaglio di immagini per raccontare le dimensioni di una vita. Quella di Giulia Minola, la 21enne di Brescia rimasta uccisa sabato nella tragedia di Duisburg, durante quella Love Parade che i più hanno già soprannominato «Death Parade». Vittima di una folla impazzita, di una catastrofe senza bandiere né età, a cui è difficile credere.
Gli spezzoni della sua esistenza li ritrovi tutti lì, sulle pagine dei social network che utilizzava abitualmente per chiacchierare con i tanti amici, per programmare le serate e soprattutto per organizzare le «trasferte» qui e là per ascoltare i gruppi musicali preferiti o per scoprire nuove band da condividere.

Giulia studiava Moda e Design al Politecnico di Milano - città in cui viveva, in un appartamento con altri studenti - e raccontano fosse bravissima con i pennelli in mano. L'arte e la moda le aveva nel sangue, come suggeriscono alcuni gruppi online a cui aveva aderito («Roba da fashion designer», Vivienne Westwood, «Design Magazine - Cool Hunting Italiano» solo per citarne alcuni). Le superiori le aveva fatte in città, al Calini. Pochi mesi dopo il diploma raccontava su MySpace: «Ritorno al Calini... che impressione. Non riesco ancora a rendermi conto che ormai il liceo è finito, dopo una sola ora ai Dies Fasti mi sembrava di essere tornata all'anno scorso».
Quel periodo è lo stesso in cui Giulia muoveva i primi passi nel mondo dell'Università: «Aiuto, qualcuno faccia gli esami al posto mio. Ormai ho deciso che informatica non s'ha da fare, quindi domani a casa tutto il giorno per l'esame di materiali di giovedì e venerdì: disegno. Quindi a questo punto penso che la cosa migliore da fare sia andare a studiare».

La vita di Giulia la scopri poco alla volta in mezzo ai suoi post, ai suoi commenti, a quelle definizioni di sé che adesso fanno mozzare il respiro. Che verrebbe voglia di aver sottoscritto con firme indelebili prima che la tragedia arrivasse a spazzare via le parole. «Too weird to live, too rare to die». Troppo strana per vivere, troppo rara per morire. È la citazione di una pellicola - Paura e deliro a Las Vegas - che a Giulia piaceva. Troppo rara, troppo unica per morire. Come quell'Alice nel Paese delle Meraviglie in cui forse un poco si identificava.

La vera passione di Giulia, però, è quella che l'ha portata fino in Germania, non solo tappa «obbligata» di una viaggio on the road attraverso l'Europa insieme a un'amica. Quell'amica torinese compagna di vacanza e di studi, pure rimasta ferita nella calca.
La scelta di essere a Duisburg il 24 luglio è più di una coincidenza per un'appassionata di musica, e in particolare di musica elettronica. Su Facebook gli ultimi brani postati sono dei Bloody Beetroots. Le piacevano i Subsonica, i Motel Connection e i Chemical Brothers, ma non disdegnava Camerini, Vasco e Mia Martini e i grandi del rock, dai Led Zeppelin ai Rolling Stones passando per Jimi Hendrix. È il titolo di una delle sue canzoni più famose e suggestive, «Purple Haze», che Giulia aveva scelto come nomignolo per il suo MySpace. «Purple haze, no, its painful, baby». Si, è doloroso, troppo doloroso baby.
 

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