Storie di facchini del pasto a 3.60 euro l'ora

Centinaia anche in città i «riders» che lavorano per le grandi società di consegna a domicilio
Dal ministro. Uno dei riders che hanno incontrato il ministro del Lavoro -  © www.giornaledibrescia.it
Dal ministro. Uno dei riders che hanno incontrato il ministro del Lavoro - © www.giornaledibrescia.it
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Se il cliente non va al ristorante, il ristorante va dal cliente. In pochi clic: basta scaricare sullo smartphone una delle app di food delivery (oggi se ne contano oltre una decina operanti in Italia), scegliere ristorante e menu, inviare l’ordine con la specifica del proprio indirizzo e aspettare che suonino alla porta, il pagamento può in genere avvenire online o in contanti alla consegna. Et voilà, la cena sul divano in una sera di pioggia o il pranzo in ufficio davanti al computer sono serviti.

Motorizzato. Un rider al lavoro per una delle società di consegna -  © www.giornaledibrescia.it
Motorizzato. Un rider al lavoro per una delle società di consegna - © www.giornaledibrescia.it

Migliaia i punti di ristorazione aderenti nel Bel Paese, milioni i cittadini che ogni giorno approfittano del servizio. Brescia è tra le province italiane con la maggior presenza di società di food delivery: da noi le principali attive sono Just Eat, Deliveroo, Foodora, My Menu e FoodRacers, ma sempre più ristoranti e pizzerie stanno ricorrendo ad analoghi servizi di consegna a domicilio senza appoggiarsi a società esterne.

Come evidenzia l’acceso dibattito a livello nazionale, sotto la luce dei riflettori in questi giorni dopo la proposta del ministro del Lavoro Luigi Di Maio di inserire i riders, ossia i fattorini ai quali è affidata la consegna delle ordinazioni, nel nuovo disegno di legge sui contratti professionali (il cosiddetto «Decreto Dignità»), il sistema è tenuto in piedi anche grazie al lavoro irregolare e sottopagato.

Il lavoro, cioè, di chi dal ristorante, in bicicletta o con lo scooter, porta il cibo nelle case e negli uffici: si chiamano riders - dall’inglese «to ride», cavalcare o andare in bicicletta - e solo in Italia, secondo il rapporto di Fondazione De Benedetti - sfiorano quota 10mila. Impossibile dare una cifra esatta del loro numero nella nostra città, ma, vista la presenza fiorente delle food delivery society, la stima è di diverse centinaia.

In Europa. L’attività di consegna a domicilio è diffusa anche all’estero
In Europa. L’attività di consegna a domicilio è diffusa anche all’estero

I riders, a Brescia come nel resto d’Italia, fanno parte della più ampia categoria della Gig economy: lavori saltuari, di solito decontrattualizzati, in cui a essere pagata è solo la singola prestazione. Così l’impiego dei «facchini 4.0» è a chiamata e con diversi tipi - o addirittura nessuno - di contratto.

Sabrina, per esempio, è una co.co.co per Deliveroo e prende 4 euro lordi a consegna, 3.60 al netto. La incontriamo in un parco cittadino, seduta su una panchina con accanto la bici munita di baule, mentre aspetta la chiamata del pranzo.

«Lo faccio per arrotondare intanto che finisco gli studi - spiega -. Non ho un contratto vantaggioso, ma è comodo, perché posso lavorare quando voglio e non ho l’obbligo di prestare servizio ogni giorno». Naturalmente la paga è direttamente proporzionale al numero di consegne effettuate: in caso di malattia, impedimenti o maltempo, si può semplicemente non dare la disponibilità, il che comporta zero entrate.

Andrei, invece, è dipendente di Just Eat: «Mi hanno fatto firmare un contratto che rispetta il Ccnl, sono molto contento», dice mentre consegna un sacchetto di carta contenente sushi. Per lui la paga è di 6.5 euro all’ora, ma, gli chiediamo, quanto si lavora in sessanta minuti? «Dipende dai giorni: se c’è brutto tempo ci sono meno riders e quindi il ritmo è frenetico. A pranzo le consegne sono più numerose nei giorni lavorativi e scarse nel weekend, mentre per le cene i giorni peggiori sono il venerdì, la domenica e quando trasmettono le partite di calcio».

Questioni di orario... Di solito, però, il livello di soddisfazione dei riders non è come quello di Andrei e non sempre per colpa delle società di delivery. Massimiliano (nome di fantasia) un venerdì sera piovoso ha avuto l’incarico di portarci la pizza da uno dei più rinomati ristoranti della città. Orario di prenotazione tramite l’app: 19.30. Orario di consegna previsto: 20.30. Non vedendo arrivare nessuno, alle 21.15 abbiamo chiamato la pizzeria e ci è stato detto che il rider era uscito da un po’ e che non si spiegavano come mai non fosse ancora da noi. «Siamo preoccupati - il commento di chi ha risposto alla chiamata -, contatteremo i carabinieri».

Dopo dieci minuti, ecco arrivare Massimiliano, il rider incaricato: «Non sa che in pizzeria si sono preoccupati? - gli abbiamo chiesto -. Dicono che è partito da più di un’ora». «Ah sì? È questo che dicono? La responsabilità del ritardo quindi sarebbe mia?», ci ha risposto Massimiliano piuttosto seccato, consegnandoci le pizze ancora, stranamente, dopo più di un’ora, caldissime...

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