Stanchezza e fiato corto: gli effetti del Long Covid per 8mila bresciani
Che del Covid non ci saremmo liberati facilmente lo avevamo intuito già all’inizio di marzo di due anni fa, quando le misure drastiche per contenere la diffusione del virus ci avevano costretto ad un radicale cambiamento delle nostre abitudini. Che si è accompagnato a dolori e lutti: la pandemia, ad oggi, solo nel Bresciano è stata causa di 4.764 decessi, mentre le persone contagiate dal SarsCov2 sono state 361.315. Il 5% di queste ha sviluppato la forma acuta della malattia ed è stata curata in ospedale. Circa duemila in terapia intensiva.
«Post Covid 19 condition»
In molti, se si escludono gli addetti ai lavori, vogliono legittimamente dimenticare numeri, esperti, analisi. Non tutti, però, lo possono fare perché a dodici settimane dalla fine della fase acuta dell’infezione una percentuale variabile di persone, stimate in circa ottomila tra città e provincia, continua ad avere disturbi che vanno da un gran senso di stanchezza, al fiato corto, ai dolori alle ossa, muscoli e articolazioni, oltre a difficoltà di memoria e di concentrazione, solo per citare i più diffusi.
La durata va da qualche settimana fino a nove mesi. Un elenco molto lungo, quello dei sintomi del Long Covid che durano a tre mesi dal contagio (una parte è elencata nella tabella a destra), simile alle molte domande ancora senza risposta sul coronavirus. La sindrome che impedisce di tornare a vivere come prima della malattia, una volta che questa è stata clinicamente dichiarata guarita, adesso ha anche un nome ufficiale, impostole dall’Organizzazione mondiale della Sanità: «post Covid 19 condition».
Le risposte degli studi più recenti
Alcune risposte, date in passato, sono state rettificate alla luce delle nuove informazioni acquisite: uno dei più recenti studi effettuati su un campione significativo di popolazione coinvolta, e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, ha evidenziato che oltre la metà aveva segni di Long Covid a quasi tre mesi dalla fine della fase acuta della malattia. Ne è colpito soprattutto chi è stato curato in ospedale e, dunque, aveva una forma più grave di infezione, in particolare se il ricovero è avvenuto in Terapia intensiva. Ne soffrono sia anziani sia bambini, sebbene i primi corrono maggiori pericoli perché spesso i disturbi del Long Covid si sommano a patologie croniche già esistenti.

Lo studio conferma quello che afferma Michela Bezzi, direttore della Pneumologia degli Spedali Civili, impegnata sul fronte Covid sin dall’inizio della pandemia. Ovvero che «osserviamo una differenza tra le diverse varianti del virus: alterazioni dell’olfatto sono più frequenti in chi si è ammalato durante la prima ondata, quando il SarsCov2 non era ancora mutato».
Ambulatori dedicati
«Nella prima fase della pandemia c’erano più ambulatori dedicati in Pneumologia, Neurologia e Cardiologia - spiega -. In Pneumologia abbiamo ridotto gli orari, indirizzando i pazienti negli ambulatori specialistici. Chi ha disturbi specifici ascrivibili al Long Covid viene preso in carico da ambulatori "normali", sempre con un approccio multidisciplinare. Del resto, dopo mesi con dieci pazienti a settimana, ora ne vediamo poche decine al mese, soprattutto persone molto spaventate per sintomi che temono persistano a lungo. Fermo restando che tutti coloro che vengono dimessi dagli ospedali dove sono stati curati per Covid vengono seguiti per mesi con visite e controlli programmati».
Non si paga il ticket
Per le persone dimesse a seguito di ricovero ospedaliero e guarite dal Covid-19 esiste anche una specifica esenzione nazionale. Sono previste in esenzione dal pagamento del ticket fino al 26 maggio 2023 oltre trenta prestazioni di monitoraggio. È certo, ormai, che per un numero significativo di persone che si sono ammalate di Covid-19 le manifestazioni cliniche non si esauriscono nelle prime settimane della fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi con un eterogeneo complesso di sintomi subacuti e cronici che precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute.
Le difficoltà
L’ampiezza dello spettro sintomatologico del Long Covid rende difficile definirne quadro clinico ed epidemiologia. Nondimento, la condizione ha un rilevante impatto clinico, che richiede appositi provvedimenti e stanziamenti e la creazione di percorsi locali di diagnosi e assistenza basati su un approccio multidisciplinare. Dallo studio scientifico emerge che ha febbre il 31%, difficoltà respiratoria il 24%, ha dolori articolari e difficoltà di concentrazione il 15% a pari merito e per un 16% la qualità della vita si è significativamente ridotta. Sono solo alcuni dei problemi di salute che persistono dopo mesi dalla fine della fase acuta dell’infezione da Coronarivus e che richiedono, ancora, un’attenzione specifica.CoronavirusLe malattie dopo il contagio
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