Stamina, 200 medici denunciati dalle famiglie

I genitori dei bimbi contro i vertici del Civile e i camici bianchi che si rifiutano di riprendere le terapie
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Erano trascorse da poco le diciotto di lunedì quando un gruppo di famigliari di pazienti in attesa delle infusioni con il «metodo Stamina», dopo aver stazionato tutta la giornata davanti all’ingresso principale dell’Ospedale Civile, si è recato in Questura per denunciare i vertici dell’azienda ospedaliera e circa duecento medici che non intendono riprendere i trattamenti. I medici fanno parte dei Dipartimenti Pediatrico, delle Neuroscienze, Osteoarticolare e della Rianimazione, specialità coinvolte nelle molte fasi che partono dal laboratorio e giungono all’infusione finale al paziente.

«Dopo che il Civile ha ribadito l’impossibilità a riprendere le cure con il metodo Stamina, abbiamo deciso di denunciare la stessa direzione e tutti i medici coinvolti nella vicenda» ha dichiarato Agostino D’Antuoni, candidato alle europee con la lista «Io cambio», che ieri mattina ha incontrato il direttore generale dell’ospedale, Ezio Belleri.

Così come, in mattinata, lo hanno incontrato i famigliari di alcuni pazienti che, su ordinanza dei giudici, dovrebbero riprendere i trattamenti in questi giorni, accompagnati dai loro avvocati. Nel primo pomeriggio, invece, al Civile si sono recati gli ufficiali giudiziari che hanno notificato sei atti per altrettanti pazienti per i quali i giudici hanno ordinato le infusioni.

«Ci è stato detto che non ci sono medici disponibili. È stata protocollata la disponibilità del dottor Mario Andolina ad effettuare personalmente le somministrazioni» ha spiegato D’Antuoni. Che ha poi aggiunto: «Ci è stata garantita una risposta a breve. Nel frattempo, denunciano i vertici dell’azienda ospedaliera che si sono rifiutati di eseguire le sentenze dei tribunali che obbligano il Civili di Brescia a riprendere le cure».

Nel merito, Ezio Belleri ha ricordato che «tutti i clinici hanno ricevuto la notifica degli ordini dei magistrati, anche se nessun ordine era nominativo. Non ci sono i presupposti per eventuali nostri ordini di servizio, perché non possiamo entrare nella sfera professionale del clinico. Per quel che mi riguarda - ha ribadito Belleri - posso ribadire di aver sempre agito nel rispetto delle regole, in buona fede e nel rispetto dell’interesse dei pazienti e, per questa ragione, sono molto sereno, anche nella ventilata ipotesi di denunce da parte di alcuni famigliari dei pazienti in attesa di trattamento». a.d.m.

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