Spaccio tra i giovani: «Non deve vincere la nostra paura»

Dopo il caso di spaccio all’oratorio di Montichiari, parla don Marco Mori per gli oratori bresciani
DROGA:COME ALLONTANARE I GIOVANI
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Ogni giorno faceva un giro all’oratorio. Ma non ci andava per incontrare gli amici e fare due chiacchiere. Ci andava per spacciare droga, e i clienti non mancavano certo. È accaduto a Montichiari. Una vicenda che interroga da molteplici punti di vista riassumibili in una domanda: non ci si può più fidare nemmeno dell’oratorio?

«Nel cuore di noi genitori, di noi comunità, di noi oratori, c’è, prima di tutto, la paura di non farcela, di essere impotenti, di doverci rassegnare - ha scritto don Marco Mori, responsabile della pastorale giovanile della Diocesi, nell’editoriale sul settimanale La Voce del popolo -. In effetti, un ragazzo poco più che maggiorenne arrestato perché spaccia falsa felicità, anche in oratorio, fa venire freddo. Non c’è giudizio, perché le tante persone che educano meritano tutta la nostra stima e ce l’hanno». Allora cosa fare con i propri ragazzi?

Continua don Marco: «Dove porto mio figlio? Lo tengo rinchiuso in camera, per altro alla mercé di connessioni sempre più veloci ma senza una direzione? È impossibile non provare paura, ma è insensato lasciarle l’ultima parola, perché ferisce a morte e, spesso, uccide. Se non adesso, perché placarla con decisioni forti risolve il problema immediato, presenta il conto poi, ovviamente con gli interessi da usuraia: costruire una gabbia spessa e impenetrabile intorno ai nostri ragazzi, pensare di proteggerli in una sorta di campana di vetro è una scelta che serve a mettere a tacere la nostra coscienza, ma non legge la realtà abitata dai figli».

Certo la paura delle famiglie è tanta, un senso di angoscia che rischia di far crollare la fiducia anche negli oratori, realtà educative fondamentali per la nostra società. Chiaro che in questo clima anche gli educatori finiscono per trovarsi persi, impotenti, pure loro vittime della paura.

«Bisogna reagire alla tentazione dello stare fermi - continua don Mori: siccome chi educa è esposto a situazioni di difficoltà, c’è sempre più gente che teorizza la stasi come la soluzione per sopravvivere. Si fa fatica, spesso ci si dà da fare moltissimo e si ricevono pesci in faccia al posto della riconoscenza e della solidarietà. Ma siamo padri e madri e diamo la vita: non importa quanto sia capito, l’importante è che la vita non manchi». E poi serve la reazione dei giovani. «Occorre la loro testa, perché non sprechino l’intelligenza che hanno - conclude don Marco -. Occorre il loro cuore, perché sentano dove sta il bene. Occorrono i loro muscoli, perché provino a costruire qualcosa di bello. Se un processo educativo è solo una serie di cose dette e non di esperienze condivise, qui stiamo fallendo. Solo di questo dobbiamo avere paura».

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