«Solo aumentando le terze dosi l'ondata sarà contenuta»
Israele ci indica la strada: la quarta ondata si doma con la terza dose di richiamo del vaccino. Parlano i dati: il richiamo ha fermato la curva che è iniziata a salire la scorsa estate. Oggi si assiste ad un quasi totale ritorno alla normalità che non è legato alle restrizioni ma all’effetto protettivo del vaccino Pfizer.
Quello che accade in Israele, lo Stato che per primo ha iniziato a vaccinare, ha sempre anticipato quello che è poi accaduto anche nel nostro Paese. Dunque, la terza dose è la strada maestra per evitare che quella che si sta presentando come «ondina» divenga un’ondata vera e propria e cambi la prospettiva della nostra vita nei prossimi mesi?
La strada da percorrere è quella già aperta e battuta dal ciclo primario delle due dosi. Anche in questo caso, i dati non sono opinioni e la situazione attuale non è frutto di una congiunzione astrale: esattamente un anno fa, il 20 novembre 2020, l’Asst Spedali Civili aveva 347 ricoverati Covid, dei quali 37 in terapia intensiva. Le prime vaccinazioni sarebbero iniziate il 27 dicembre, per poi proseguire in modo organizzato da gennaio 2021.
Se Israele è un riferimento per quello che dovremmo fare, molti altri Paesi europei in cui la percentuale di vaccinati è di gran lunga inferiore alla nostra, sono la conferma che più il virus circola, più infetta e fa ammalare le persone.
Parlano i numeri. Un’ovvietà? Sì, ma non per tutti. I dati, tuttavia, sono chiari: maggiore è la percentuale di persone vaccinate in un determinato territorio, minore è il numero di ricoveri sia in area medica sia in terapia intensiva. «Adesso sappiamo con maggiori elementi di certezza che dopo sei mesi scende in modo significativo la protezione del vaccino contro il contagio e la malattia - spiega Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di Virologia -. A questo, si aggiunga che la variante indiana del SarsCov2, la cosiddetta Delta Plus, ha un’efficacia di replicazione cinquanta volte superiore alla Delta. Questo significa che quando arriva il richiamo all’immunità vaccinale nel nostro organismo, il che accade nell’arco di 3-4 giorni, il virus ha già fatto danni. Per questo è importante fare il richiamo il prima possibile perché serve a tenere molto alta l’immunità».
Non a caso, la terza dose è stata anticipata a causa della variante Delta e della sua maggiore trasmissibilità. Anche se alcuni esperti - come il microbiologo Andrea Crisanti - ritengono che la campagna vaccinale per la dose di richiamo «doveva iniziare molto prima». Anche perché la variante Delta plus, in circolazione da tempo, contagia anche i vaccinati, seppure in misura minore. Il richiamo rappresenta quindi un potenziamento della risposta immunitaria, che supera quella con le sole due dosi.
Sarà sufficiente un richiamo? «Non lo sappiamo ancora perché non si conosce quanto duri nel tempo l’immunità e non si sa come cambierà il virus - aggiunge Caruso -. Se muterà poco, probabilmente i vaccini potenziati basteranno per diversi anni, se il SarsCv2 dovesse continuare a cambiare è possibile che si dovrà fare un nuovo vaccino tra un anno».
Vaccini e richiami, ma non solo. «La vaccinazione è lo strumento principe attraverso il quale noi oggi riusciamo a controllare la circolazione del virus e soprattutto riusciamo ad evitare le conseguenze più gravi di chi contrae infezione, in particolare i più fragili - sostiene Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità -.È molto importante anche adottare comportamenti prudenti, che significa usare la mascherina in contesti dove ci sono affollamenti, evitare assembramenti quando non strettamente necessari e soprattutto è importante l’igiene delle mani. Credo che un atteggiamento di prudenza unito all’incremento della copertura vaccinale e a un mantenimento della vaccinazione siano gli strumenti che ci consentono di controllare la circolazione del virus».
«L’Organizzazione mondiale della Sanità ha detto che siamo in piena quarta ondata e la stima di 500mila morti si riferisce a una proiezione tragica se i governi non attueranno misure correttive e si potrebbe verificare entro la fine di gennaio. La situazione europea è critica, ma l’Italia si distingue in maniera netta. Riassumiamo: non dobbiamo sottovalutare i segnali di allerta, ma non sfociamo nell’allarmismo» è l’analisi di Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico scientifico per emergenza Covid».
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