Sisma, dalla Siria a Salò: «Io, scampato all'apocalisse del terremoto»

Il racconto del medico un siriano da anni nel Bresciano: «Andavo verso il Libano in auto: ho vissuto attimi terribili»
La devastazione lasciata dal terremoto in Siria e Turchia -  Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La devastazione lasciata dal terremoto in Siria e Turchia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Michail Dib, chirurgo di origine siriana residente a Salò, lunedì mattina era in auto, diretto in Libano per imbarcarsi alla volta dell’Italia. «Ad un certo punto, l’auto ha iniziato a traballare e non riuscivo a capire cosa stesse accadendo. Non era ancora l’alba e, come è ormai tristemente noto, per partire dalla Siria ci si deve recare in Libano. Quello stavo facendo e in quel momento, il terremoto stava sbriciolando il mio Paese».

Il cuore laggiù

Dib è ancora scosso e il dolore non si attenua con il trascorrere dei giorni, anzi. «Sono in stretto contatto con familiari e amici che vivono in Siria - aggiunge -: i racconti sono drammatici. Alcuni parenti sono dispersi e non so nemmeno se mai avranno una sepoltura. Altri conoscenti lo stesso». Il dottor Dib vive in Italia da cinquant’anni, ma con una certa frequenza ritorna a casa sua a Tartous, città siriana sul Mediterraneo, a pochi chilometri dal Libano. Non è vicinissima alle zone più colpite dal terremoto: Aleppo, per dire, dista circa trecento chilometri. Nel Governatorato di Tartous non ci sono state vittime, anche se molte case sono lesionate. La zona dell’epicentro, a nord-ovest della Siria, ai confini con la Turchia, la situazione è drammatica. Tra Turchia e Siria, al momento, le vittime certe sono ventimila, ma il numero sale di ora in ora.

Una devastazione

«È devastante - continua Dib -. In oltre dieci anni di guerra, le condizioni di vita sono al limite. A ridurre alla fame la popolazione siriana sono le sanzioni. L’acqua è razionata. La corrente elettrica in alcune zone c’è un’ora ogni cinque, in altre un’ora al giorno. Come si può vivere così? Ora tutto si è aggravato». Dib fa suo l’appello lanciato dalla Comunità di sant’Egidio: «Riteniamo sia giunto il momento di sospendere le sanzioni per permettere ai soccorsi di giungere copiosi e il più rapidamente possibile, in aiuto alla popolazione stremata dalla guerra e dal sisma».

Le sanzioni

L’appello di sant’Egidio è condiviso anche da molti altri organizzazioni non governative, oltre che dalle autorità religiose in Siria e all’estero. Le attuali sanzioni nei confronti della Siria sono state introdotte per la prima volta nel 2011 sia dagli Usa sia dall’Unione europea. L’Europa le ha prorogate nel maggio 2022 almeno fino a giugno 2023. Sanzioni dirette, oltre che al presidente siriano Assad, alla sua famiglia, ai funzionari del governo e anche alle entità terze che lo sostengono come società, aziende, singoli imprenditori. Includono anche un embargo sulle importazioni di petrolio, restrizioni su alcuni investimenti, congelamento dei beni della banca centrale siriana in Ue e restrizioni al credito, ai finanziamenti, all’esportazione di attrezzature e tecnologie.

«Disumano e immorale»

Guerra, sanzioni, terremoto in un Paese in cui la popolazione brucia la spazzatura per scaldarsi, raziona le docce perché non c’è acqua e, spesso, non può mangiare un pasto caldo perché, oltre al cibo, manca il necessario per cuocerlo. «Questa è la situazione nel Paese in cui sono nato e in cui amo tornare - continua Dib -. Ora che migliaia di persone sono sotto le macerie i riflettori sono puntati sulla devastazione in Turchia e in Siria. Ma in Siria, ancora prima che la terra tremasse, la vita era diventata un inferno. E lo era, ormai, senza che da tempo alcun riflettore fosse ancora puntato su quello che stava accadendo. Almeno che questa tragedia serva a sospendere le sanzioni che, ora, sono realmente disumane e immorali».

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