Sicurezza e cura: equilibrio difficile per gli psichiatrici autori di reato

Oltre duecento in carico ai Dipartimenti di salute mentale bresciani e una decina liberi «malgrado la loro pericolosità sociale»
Psichiatrici autori di reato, sono ancora troppe le contraddizioni - © www.giornaledibrescia.it
Psichiatrici autori di reato, sono ancora troppe le contraddizioni - © www.giornaledibrescia.it
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Sono oltre duecento le persone in libertà vigilata affette da malattia psichiatrica affidate ai Dipartimenti di salute mentale bresciani. Di queste, 180 solo a quello dell’Asst Spedali Civili. Un’altra decina, ad alta pericolosità sociale e autrici di reato, è attualmente a piede libero. Una fotografia sfocata, quella che vi proponiamo, che non riesce a rimandare gli esatti contorni del fenomeno, perché si tratta solo di numeri riferiti alle persone «tracciate».

Il quadro

Tra le centinaia sul territorio, la metà è sottoposta a misure di sicurezza che prevedono sia il ricovero nelle Rems, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari chiusi per legge dal 2014, sia la collocazione nelle comunità presenti sul territorio. Sia, ancora, la permanenza a domicilio seppure in liberà vigilata. L’altra metà, invece, è in attesa di processo e non è soggetta ad alcun provvedimento restrittivo. In carcere resta chi è autore di reato ma non ha riconosciuto il «vizio di mente».

Ma c’è anche chi, non potendo essere trasferito nelle Rems a causa delle lunghe liste d’attesa, e altrettanto nelle comunità sul territorio, rimane ricoverato in ospedale, nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Con costi economici, professionali e sociali notevoli. O rimane nelle Residenze più del necessario, perché non c’è posto fuori. Da poco un paziente, con un reato definito «maggiore», è stato trasferito in Rems dopo un anno e mezzo in ospedale. Altri, in attesa che si liberi un posto, vengono ospitati in una Residenza che si trova in Liguria, che funge da anticamera.

In arrivo nuove Rems

Al momento, per Regione Lombardia l’unica Rems di residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, si trova a Castiglione delle Stiviere, nell’ex ospedale psichiatrico giudiziario. I posti disponibili, in otto comunità provvisorie, sono 160. Ma si stanno concludendo proprio in questi mesi i lavori della prima fase di intervento di riqualificazione dell’ex Opg con la costruzione di tre delle sei nuove Rems previste. A regime, in Brianza e, a regime, ci saranno sei nuclei in grado di ospitare venti persone ciascuno. La stima del fabbisogno, tuttavia, indica ancora in 160 i posti necessari per l’accoglienza. La parte più significativa continuerà ad essere a Castiglione (120 posti), mentre altri due nuclei di venti posti ciascuno dovrebbero essere realizzati a Limbiate, in provincia di Mostra e della Brianza.

Le criticità

Tutto bene? No. Ed è sufficiente parlare con gli operatori, in numero costantemente insufficiente oggi a garantire il funzionamento di tutti i posti disponibili sulla carta, per capire che le Rems sono una parte del problema. «Da un lato la pur benemerita legge del 2014 che ha disposto la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari sostituendoli con le Rems, dall’altro la mancata completa attuazione della legge, che ha reso le Rems strutture senza risorse economiche e di personale sufficienti, senza posti letto e, ora, inadeguate a provvedere al necessario ricovero per questi pazienti. E così, dal momento che la legge vieta la detenzione in carcere di pazienti oggetto di misure di sicurezza, la responsabilità della loro gestione ricade sui Dipartimenti di Salute mentale». A sostenerlo gli esperti della Società italiana di Psichiatria che, in un documento, parlano di «psichiatrizzazione dei reati», ovvero «riattribuzione del mandato di custodia e controllo di persone socialmente pericolose alla psichiatria, e criminalizzazione delle strutture psichiatriche, ormai sature di autori di reato».

Bisogna favorire progetti alternativi alle Rems. Servono luoghi di cura specifici per liberi vigilati, oggi inseriti nelle comunità residenziali con gli altri pazienti. Insieme, con lo stesso personale e gli stessi percorsi. Le équipes forensi, in capo ai Dipartimenti, permettono di ragionare non solo sulla clinica, ma anche sulla pericolosità sociale del paziente. Tuttavia il pensiero, da solo, non è sufficiente.

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