Se la nostra vacanza viene pagata a peso d’oro

Sotto il patio il vecchio dondolo sembra implorare una mano di vernice bianca. Accendo la radio e infilo un vestito scolorito che vorrei buttare senza rimpianti. Mi piace ascoltare la musica, trovo che renda più agevole il lavoro manuale, soprattutto quando è frammista a notizie commentate da conduttori seri che non sghignazzano sulle caratteristiche corporee delle donne.
Mentre stendo meticolosamente il colore ascolto un tizio dal tono suadente il quale invita gli ascoltatori a scialacquare le poche sostanze di cui sono ancora in possesso, motivandoli con questo concetto: «Vuoi andare in vacanza ma non hai il becco di un quattrino? Portaci il tuo oro usato, te lo pagheremo bene».
La soluzione offerta al very normal people è apparentemente facile ma ricorda troppo da vicino i metodi del gatto e la volpe descritti nella canzone di Edoardo Bennato che, guarda caso, hanno trasmesso da poco. È un invito al «carpe diem» rivolto con voce melliflua a persone in difficoltà cogente le quali non si rassegnano a rinunciare a un periodo scacciapensieri al mare o in montagna.
Per godere della villeggiatura dovranno svendere i ricordi infilati nelle collanine e nei braccialetti di corallo, dono per il Battesimo dei figli, ancora conservati nelle scatoline con impresso il marchio dell’oreficeria. Ci vorrà del fegato per liquidare sotto costo i gioielli di famiglia, o nel privarsi degli agognati orecchini di brillanti comprati in tempi migliori per un anniversario di matrimonio. Da tempo le vacche grasse sono a dieta, non a caso il governo francese ha istituito il «bonus rammendo» per incrementare l’economia circolare attraverso la riparazione di abiti e scarpe usurate.
Anche la capacità delle nostre nonne di girare colli e polsini, di stringere o allargare giacche e cappotti è tornata di moda. La dignitosa tecnica del riutilizzo argina l’inquinamento ambientale causato dalla produzione di indumenti a basso costo, ma aiuta anche le finanze smagrite di tante famiglie. Sempre più persone trovano soddisfazione nel recupero creativo, riscoprendo la qualità delle manifatture e restituendo vita a oggetti vintage poiché il riciclo sta diventando una necessità che sposa il pensiero etico.
Nel frattempo il mio dondolo è tornato pressoché nuovo e, mentre lo guardo compiaciuta, penso che non eliminerò il mio vestito smunto. Massimo Lanzini tradurrebbe la questione nel calzante proverbio dialettale bresciano: «No gh’è strass de caàgn che vé mia bu ‘na ólta a l’an».
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