Sangue di Viktoriia sul tappeto in casa dell’ex fidanzato

Berisa Kadrus oggi davanti al giudice delle indagini preliminari per l’interrogatorio di garanzia
Viktoriia Vovkotrub - © www.giornaledibrescia.it
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In carcere da due giorni. In stato di fermo. Incrollabile sulla sua posizione. Berisa Kadrus, 60enne di origini serbe, anche ieri ha negato ogni addebito. Ha detto e ribadito di non sapere nulla della fine fatta dalla sua ex compagna. Si è limitato a spiegare che il tappeto insanguinato che stava smaltendo nell’isola ecologica di via Metastasio martedì mattina, quando è stato intercettato e fermato dai carabinieri, non era in casa sua. Lo aveva trovato insieme ad altro materiale in un locale che aveva avuto l’incarico di svuotare. 

Per i militari del Nucleo investigativo dell’Arma e per il sostituto procuratore Donato Greco l’uomo mente. Quel voluminoso tappeto era nel cortile della sua abitazione ed è stato usato per avvolgere il corpo senza vita della sua ex. L’esame del dna non ammetterebbe dubbi: il sangue che lo macchia vistosamente è proprio di Viktoriia Vovkotrub. A questa conclusione il magistrato titolare del fascicolo aperto per omicidio volontario e distruzione di cadavere e i militari dell’Arma sono arrivati al termine di una giornata, quella di ieri, particolarmente lunga e scandita da una sequenza ininterrotta di attività tecniche. Dopo le analisi biologiche sulla prova regina (che hanno dato conferme pressoché granitiche agli investigatori) anche l’esame al luminol compiuto nel modesto appartamento al quartiere Primo Maggio, dove i due hanno convissuto per un paio d’anni almeno sino all’estate scorsa, hanno rassicurato il magistrato e i carabinieri. Diverse sarebbero le macchie isolate dai militari in camice bianco sui mobili, ma anche sui pavimenti dell’abitazione. Il che consente agli inquirenti di avere solide convinzioni non solo sull’autore del delitto, ma anche sul luogo dove l’omicidio sarebbe stato commesso. Contro il 60enne la procura ha anche altri elementi.

Nonostante la fine della relazione con Viktoriia risalisse a quattro mesi prima, Bodrus sarebbe stato visto con lei la sera di mercoledì, in un chiosco della città, poco prima della chiusura, poco prima che Brescia insieme a tutta la Lombardia diventasse zona rossa. Poco prima della sparizione della donna. Non solo. I carabinieri avrebbero raccolto più voci concordanti circa il possibile movente dell’omicidio. Berisa Kadrus non avrebbe tollerato la fine della relazione, tanto meno il sospetto che lei avesse imbastito una relazione con un altro uomo. Al quadro accusatorio comunque mancano ancora numerosi tasselli. A partire dal corpo della 42enne badante ucraina e dall’arma del delitto. Dopo aver scandagliato in lungo e in largo il quartiere, ma anche le zone attigue e in particolare gli edifici abbandonati di via Industriale e via Eritrea, tutto il reticolo di rogge e fossati, ma anche il vicino fiume Mella, le ricerche della donna e dell’oggetto che potrebbe averla stroncata, ieri la macchina delle ricerche i è rimasta in stand by. Gli elementi che ancora mancano sono sì importanti per la ricostruzione accusatoria, ma non decisivi alla soluzione del caso, come dimostra il processo ad Adbelmjid El Biti, il 50enne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Souad Alloumi, la moglie svanita nel nulla nell’estate del 2018 e mai più ritrovata.

Oggi l’ex fidanzato della 42enne badante ucraina scomparsa otto giorni fa si troverà davanti al giudice delle indagini preliminari Angela Corvi. Assistito dagli avvocati Alessandro Bertoli e Mauro Bresciani - nominati dai due figli del 60enne nel primo pomeriggio di ieri poco prima del sopralluogo nel suo appartamento da parte dei carabinieri del Sis - affronterà l’interrogatorio di convalida a partire dalle 9,30. Si troverà a tu per tu con accuse più circostanziate, con spazi di manovra e difesa decisamente più contenuti.Il delittoSvolta nelle indagini per l’omicidio della 42enne ucraina

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