San Faustino, rito fra padelle, porchetta e palloncini

La tradizione è una sola e immutabile, ma ognuno la vive a suo modo, seguendo i propri orari e i propri riti.
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Una tradizione irrinunciabile. Una benefica psicosi collettiva, che ogni anno colpisce migliaia di bresciani e non solo. Puntuale, popo la «sbornia» romantica della ricorrenza degli innamorati, ecco che la città si è risvegliata oggi sotto una coltre di bancarelle, invasa da una fiumana di infaticabili camminatori, letteralmente zuppa di profumi buonissimi e colorata di tutte le tinte della festa.
 
Oggi è il giorno di San Faustino, patrono della città e promotore suo malgrado della chiassosa e amatissima fiera, tradizione imprescindibile di mezzo febbraio. Fin dalle primissime ore di stamattina - quando per un poco il sole ha illuso, prima di lasciare spazio al grigiume - i bresà sono usciti di casa e si sono infilati in un marasma crescente. Prima il caffè, poi le bancarelle. Ognuno con le sue tappe, le sue preferenze - chi «entra» da San Faustino, chi da via Gramsci -, i percorsi personalissimi e le fermate obbligate che solo lui (o lei) conosce. Perchè anche i riti collettivi hanno necessità di essere vissuti in modo intimo: così tutti i passi sono diversi nell’unica fiera e ogni bancarella ha qualcuno che la aspetta e se la coccola, pur in mezzo alla folla.
 
San Fasutino è il giorno degli uffici chiusi e delle scuole chiuse. Quello in cui gli adulti (anche quelli a dieta) si ritrovano a sbafare porchetta e ciambelle zuccherate alle 10 del mattino e a fissare ammaliati un asciuga pavimenti o un set di coltelli di gomma. (Ah no, quelle sono le pirofile). E alla fine si divertono più dei bambini che si trascinano al polso i palloncini sgonfi.
 Ah, fra parentesi, l’oggetto cool di quest’anno parrebbe il tubo magico: apparentemente serve ad innaffiare il prato e, forse, occupa poco spazio. 
 
Ilaria Rossi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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