Sahara, una corsa fra sabbia e cielo

Missione compiuta per gli ultra-runners Corrado, Fulvio, Luca e Sandro reduci dalla Marathon des Sables in Marocco
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Due soli colori davanti agli occhi. Netti, bellissimi nel loro nitore, possenti per la vastità dell'orizzonte coperto, dolci per la serenità capaci di infondere nell'animo: l'azzurro pastello del cielo sahariano e il marrone chiaro della sabbia.
Nel deserto tutto si semplifica. La scala cromatica della Natura, come le esigenze primarie dell'uomo. «Se ne esce cambiati. Di sicuro più autentici. Disintossicati dall'eccesso di consumismo».


In sei giorni d'avventura alla «Marathon des Sables», l'ultramaratona più dura del pianeta che si disputa ogni anno nel Sud del Marocco, Corrado, Fulvio, Luca e Sandro hanno vissuto un'impresa che appare a dir poco lunare. La metafora dei «quattro moschettieri» è scontata, certo, ma in questo caso perfetta per descrivere il «patto» (che un tempo si sarebbe detto «di sangue») stretto un anno fa tra i bresciani Fulvio Moneghini e Luca Gaffurini, il veronese Luca Battistoni e il comasco Corrado Ratti (questi ultimi con ufficio a Brescia Due), correndo tutti i giorni al Parco Tarello.
«Non c'è nulla di impossibile in quello che abbiamo fatto, si tratta di un obiettivo che tutti possono raggiungere, previa adeguata preparazione psico-fisica», raccontano a chiunque li saluti e chieda loro «ma come avete fatto?».


Certo, correre 250 chilometri «pesanti», fra le dune e i rilievi del Sahara (era aprile, a Pasqua) in sei tappe di 33, 38, 38, 82, 42 e 17 chilometri, con l'incubo di essere superati e per ciò stesso eliminati dal «cammello scopa» (il tetragono animale del deserto che chiude la fila dei concorrenti) vuol dire «competere», innanzitutto.
I quattro amici, tutti sopra i 40 anni, tutti con un lavoro normale e una famiglia, riuniti nel «Team4RunChallenge», si sono classificati più che bene: al 14° posto su 49 squadre (le prime dieci di puri professionisti, peraltro), e attorno alla 250ma posizione individuale su circa 900 partecipanti. Parlano ad una sola voce, sulle ali di un entusiasmo intenso ma non gridato: «Dal punto di vista fisico - spiegano - eravamo ben preparati, e non abbiamo avuto alcun inconveniente, nonostante i dieci chili di zaino. Ci siamo aiutati sempre, nello spirito della massima solidarietà. Cibo razionato, afa terribile di giorno, freddo di notte. Tempeste di sabbia. Ma emozioni uniche. Semplici. Straordinarie. Tanti amici, d'ogni nazionalità, tante storie. Un'esperienza fondamentale per tutti noi anche dal punto di vista umano e spirituale».


Altre colossali sfide nei deserti del mondo attendono il «Team4RunChallenge» («non ci fermiamo qui...»). Intanto, il 19 e 20 maggio scorsi, i bresciani Fulvio e Sandro si sono ripetuti alla «Nove colli running» di Cesenatico: 202,4 km in un'unica tappa. Ultramaratoneti non necessariamente si nasce. Ma inevitabilmente si resta.


Valerio Di Donato

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