Riconoscimento facciale, le indagini della Questura sono 4.0

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TECNOLOGIA IN DIVISA
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Fino ad ora l’avevamo visto solo nelle serie tv americane. Da qualche settimana succede anche negli uffici della Polizia Scientifica, al quarto piano della Questura di Brescia. Da una fotografia ad un nome in pochi click. Uno scatto rubato da un telefonino, l’immagine ripresa dalla videocamera di un negozio o dal sistema di videosorveglianza cittadino. Basta questo ad attivare il confronto con milioni di altre immagini per restituire un nome e una probabilità di riscontro. Il riconoscimento facciale insomma è davvero realtà.

Dall’inizio del 2018 in alcune questure d’Italia, tra cui Brescia appunto, è in funzione il sistema S.A.R.I., Sistema automatico riconoscimento immagini, che è l’erede diretto di S.S.A, cioè Sotto sistema anagrafico. Il progenitore di S.A.R.I. infatti era in grado di individuare, tra i milioni di schede disponibili, quelle in cui si evidenziassero contemporaneamente più caratteristiche di interesse investigativo: statura, età apparente, ma anche tipologie di reati commessi in passato ed eventuali segni particolari come tatuaggi e cicatrici.

L’evoluzione del sistema invece permette di inserire una foto, scattata il più frontalmente possibile, e metterla direttamente in relazione con quelle in archivio, trovando quindi la scheda compilata quando la persona è stata fotosegnalata. 

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