Regionali, Galperti (Azione-Iv): «Lavorerò per portare il tram sul Garda»

Nato il 5 gennaio 1959, sindaco di Pralboino dal 1985 al 1995. Assessore provinciale nella giunta Lepidi, nel 2000 viene eletto in consiglio regionale nella lista «Centro-Sinistra con Martinazzoli». Rieletto nel 2005, nel 2008 approda in Senato col Pd. Nel 2013 è eletto deputato. Nel 2018 entra in Loggia con la civica Del Bono. Dal 2019 è vicepresidente della Provincia.
Guido Galperti punta a tornare al Pirellone, dove è stato consigliere regionale dal 2000 al 2008. Da allora, spiega, «mi pare che la Regione abbia sempre più dimenticato la nostra provincia, andando verso un nuovo centralismo regionale a discapito dei territori».
Galperti, perché ha deciso di ricandidarsi al consiglio della Regione?
Come Italia Viva abbiamo un progetto politico preciso, quello di rafforzare il terzo polo. Dopo il risultato incoraggiante delle politiche, vogliamo proseguire nel percorso di costruzione di un soggetto politico autonomo rispetto a destra e sinistra, un centro che rilanci le culture cristiano-democratica, liberale, repubblicana e socialista; culture che hanno fatto grande questo Paese. La candidatura di Letizia Moratti nasce non solo per dare una nuova guida alla Lombardia, ma per rafforzare questo progetto. Peccato che il centrosinistra abbia deciso di non aderire dando vita al polo progressista con il M5s.
Un’occasione persa?
Penso di sì. La convergenza tra la parte riformista del centrosinistra e il terzo polo avrebbe creato le condizioni per poter dare un governo diverso alla Lombardia dopo 30 anni di guida del centrodestra. Dopo un arco temporale così ampio un ricambio dovrebbe essere naturale. Ma qualcuno ha preferito non valutare quest’opzione e ha scelto l’ergastolo della sconfitta...
Cosa non funziona in Lombardia e cosa si dovrebbe fare per migliorare?
L’80% del bilancio regionale è destinato alla sanità. Impossibile non partire da qui. Il tema più esplosivo è quello delle liste d’attesa. Non basta la giustificazione del Covid. I ritardi sono ormai intollerabili. Ci sono responsabilità dell’organizzazione sanitaria impostata dalla politica. Ma sarebbe anche interessante sentire i direttori generali delle aziende ospedaliere. C’è poi il tema della carenza di medici di base. Qui servono alcune modifiche normative. Giusta la selezione a medicina, ma gli esiti dei test di ingresso rischiano di avere effetti opposti ai propositi: c’è qualcosa che non funziona. Dovremmo inoltre interrogarci sul perché così pochi laureati in medicina scelgono di fare i medici di base...
Lei si è occupato molto anche di agricoltura. Oggi si chiede che anche il mondo agricolo diventi più sostenibile. Che ne pensa?
Latte, carne, prodotti agricoli: il nostro è un sistema d’eccellenza. Chi attacca il mondo zootecnico lombardo e bresciano favorisce i nostri concorrenti stranieri e spesso non sa di cosa parla. La nostra o è un’agricoltura intensiva o non è. Questo non toglie che tutti siamo chiamati a confrontarci con il tema della sostenibilità, ma per migliorare, non per impedire lo sviluppo. Penso al biometano, tema sul quale si può lavorare tantissimo. Mi pare poi che non ci sia consapevolezza del problema siccità. Dopo un anno non si è mosso quasi nulla: tempi lunghi per scavare un pozzo, l’uso delle ex cave della nostra provincia come bacini irrigui rimasto sulla carta. I livelli dei laghi sono sempre più bassi. Ci aspettano mesi di difficile convivenza tra le esigenze turistiche e il raccolto di ciò che si è seminato. Bisogna recuperare il tempo perso.
C’è un impegno sul quale, se eletto, vorrebbe impegnarsi in Regione per il territorio bresciano?
Il tema delle infrastrutture, anche per dare gambe a progetti che ho impostato come vicepresidente in Provincia. Penso alla stazione Tav sul Garda, alla sistemazione del maxi svincolo di Rezzato, allo sviluppo dell’aeroporto di Montichiari, per il quale va rivista la normativa urbanistica, al prolungamento della metro verso il Garda e la Valsabbia. Lo studio di prefattibilità del prof. Maternini suggerisce l’opzione tranvia: dobbiamo lavorarci. I trasporti in Lombardia sono inadeguati, serve un salto di qualità se vogliamo essere una regione europea.
Lei potrebbe tornare in Regione dopo 15 anni.
Com’è cambiata la Lombardia rispetto al 2008? L’impressione, da Brescia, è che la Regione si fermi a Bergamo. L’attenzione verso Brescia e la Lombardia orientale è scemata. Dal punto di vista della struttura servirebbe un ammodernamento, un cambio di passo. C’è una sensazione di stanchezza, forse per i 30 anni di governo del centrodestra. Di certo c’è un’attitudine al centralismo. La Regione si è riappropriata di molte competenze, caccia, pesca, agricoltura, dissesto idrogeologico. La Regione deve occuparsi della pianificazione. Ma la gestione va affidata ai territori, Province, Comunità montane, Comuni. Altro che federalismo e Autonomia. In questi anni abbiamo assistito ad un nuovo centralismo regionale.
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