Regina di Cuori, ossia come lasciarsi alle spalle la ludopatia

Inaugurato a Cellatica un nuovo centro specialistico: offrirà risposte innovative a un fenomeno dilagante
REGINA DI CUORI CONTRO IL GIOCO
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Disintossicarsi dalle slot machine e da qualsiasi gioco che crei patologica dipendenza. E al tempo stesso essere aiutati a risolvere i drammatici problemi pratici. Staccando per qualche tempo - attraverso i centri di Cellatica, Brescia e Lumezzane - o restando nella propria realtà, ma con aiuti notevoli da parte degli esperti.

Aiuti ai malati e alle loro famiglie. Ma anche prevenzione a vasto raggio. Il progetto è stato così inaugurato al nuovo Centro specialistico per il trattamento dei disturbi di gioco d’azzardo, aperto a Cellatica - in via Fantasina 14 - dalle cooperative sociali Bessimo, Gaia e Il Calabrone con la collaborazione del consorzio gli Acrobati: una risposta innovativa a un fenomeno purtroppo dilagante, che crea grave dipendenza psicologica, distrugge gli equilibri affettivi, mette in difficoltà giocatori e famiglie e - in modo più o meno indiretto - costituisce un problema sociale che può alimentare la malavita, poiché, con l’indebitamento, appaiono sovente personaggi poco trasparenti per i prestiti, con tassi esorbitanti.

I numeri. Cellatica integrerà, nella collaborazione con le altre cooperative territoriali, la domanda proveniente da diverse realtà della provincia. Secondo una stima sommaria, nel Bresciano le persone affette da ludopatia sarebbero circa 30mila. Di esse solo 500 chiedono aiuto ai servizi medici. A livello statistico, nel report dipendenze 2018 presentato in dicembre dall’Ats di Brescia è possibile desumere che il giocatore tipo sia, tra i maschi un 53enne, mentre l’utenza femminile ha in media 46 anni. La domanda di cura è prevalentemente maschile: le donne sono percentualmente al 17 per cento, mentre i maschi sono l’82,5% del totale di chi è affetto da ludopatia (con uno 0,5% non rilevato), la malattia del gioco. Il servizio. I disturbi da gioco d’azzardo stanno assumendo - è stato detto ieri - forme tra loro molto eterogenee, che vanno rapidamente riconosciute e il più rapidamente trattate, grazie all’aiuto di specialisti, che ne rilevano l’origine più profonda. Per questo le tre cooperative hanno strutturato - nelle tre sedi di Cellatica, Brescia e Lumezzane - un servizio diversificato in grado di integrare le competenze professionali degli specialisti e offrire una ampio spettro di risposte al fenomeno. Tra gli aiuti anche la consulenza finanziaria ed economica per chiudere la porta del baratro dietro di sé.

All’inaugurazione, molti i rappresentanti delle istituzioni e i responsabili di enti o cooperative assistenziali che hanno sottolineato la valenza del progetto, tra i quali gli amministratori comunali di Cellatica (il sindaco Paolo Cingia), di Lumezzane (l’assessore Marcella Pezzola) , di Brescia (l’assessore Marco Fenaroli), i consiglieri regionali Viviana Beccalossi e Gian Antonio Girelli, i presidenti del patronato Acli di Brescia, Giuseppe Foresti, e di Federsolidarietà regionale, Valeria Negrini. Il servizio è stato è stato illustrato dal responsabile del centro residenziale di via Fantasina, Anna Schiavone, e dal direttore del servizio analisi e risposte ai bisogni emergenti dell’Ats di Brescia, Eliana Breda che ha dichiarato: «È un’esperienza nuova che la Regione validerà per due anni. Due anni di sperimentazione, - ha precisato la Breda - che dovranno servire per capire quale sia la strada più corretta e quale tipo di programma si rivelerà il più utilizzato e idoneo». Per Viviana Beccalossi, questo nuovo progetto è «un sogno che diventa realtà. È la dimostrazione che la buona politica esiste. Regione Lombardia - ha sottolineato il consigliere regionale ed estensore della legge lombarda anti ludopatia - è stata la prima Regione in Italia che ha inserito la cura dei malati di gioco d’azzardo patologico tra i livelli essenziali di assistenza». «Iniziative come questa - ha affermato il suo collega, Gian Antonio Girelli - tracciano la strada, creando spazi che accolgono queste persone in grave difficoltà, e favoriscono una cultura, non della proibizione, ma del rispetto di sé».

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