Quel giro di libri che fa cultura in azienda

Forse Brescia non arriverà all’esempio di Brunello Cucinelli che a Solomeo ha rilevato una villa del Settecento per allestire una biblioteca che conterrà fino a 500mila volumi classici. Sicuramente però si potrà arrivare a tante piccole biblioteche aziendali (quelle tecniche d’accordo, ma non solo) specchio di un «capitalismo umanistico» che in provincia presenta ad oggi qualche episodio isolato (Ivar di Prevalle, Elea di Gottolengo, e anche il nostro Giornale di Brescia in città) in cui il bookcrossing - lo scambio dei libri tra azienda e dipendenti o tra dipendente e dipendente oppure il semplice prestito del volume - faccia parte della quotidianità.
Se il cibo è il piacere del palato, la lettura è il piacere dello spirito e non importa se sugli scaffali tra la dolce lirica del Manzoni si mescolerà la letteratura di genere, se il noir sarà affiancato dalla letteratura di montagna o da quella sportiva, la saggistica alle grandi avventure del giornalismo. L’importante è che la tuta blu o il colletto bianco, oppure le tute bianche e il colletto blu, vengano catturati dall’abitudine alla lettura e da testi che, una volta letti, lascino in ciascuno un segno e che, restituito un libro, un altro venga preso. Ce la faremo? Dipende dagli imprenditori bresciani. Solo qualche anno fa pochi erano quelli che credevano nella sostenibilità, ora sono la maggioranza. Potrebbe esser così anche per le biblioteche aziendali in cui... chi prende un libro lascia un libro. Da parte mia, mi impegno a donare 50 libri (in ottimo stato) alla prima azienda che ci scrive.
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