Quei metronotte che vegliavano sul sonno inquieto della città

Il corpo privato di sicurezza nato nel 1925 e rifondato nel 1945. In bici e a piedi per scrutare meglio le vie
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Il maresciallo dei vigili notturni percorreva via Ducco nel solito giro di controllo quando vide due tizi carichi di borse. Sospetti, quanto meno. Difatti, alla vista della guardia, mollarono il carico per correre leggeri. Inutilmente. Con l’aiuto di una Volante della Polizia, il metronotte bloccò la coppia in via Crocifissa di Rosa. Due ladri del Carmine, con una magra refurtiva: bottiglie di champagne e lattine di olio di oliva e di lubrificante per le auto. Tuttavia, non sempre andava bene. Un paio di giorni dopo un altro metronotte sventò un furto in un laboratorio di elettronica in via Dalmazia, ma il disonesto riuscì a fuggire dopo avere spintonato l’avversario. Roba da poco rispetto ai rischi corsi dalle guardie in quegli anni di rapine alle banche e di terrorismo.

I due episodi narrati sono del gennaio 1975. Protagonisti gli agenti del corpo «Vigilanza notturna città di Brescia» nato nel 1925 e ricostituito nel maggio 1945 in forma cooperativa. I mitici metronotte, quelli che - a piedi, in bicicletta e poi in Vespa - giravano per le vie di Brescia controllando serrande e porte dei clienti abbonati al servizio. Negli anni Cinquanta servivano 13mila utenze.

Allarme. Non solo: segnalavano qualsiasi emergenza. Come guasti alle tubazioni dell’acquedotto, cornicioni caduti per il maltempo, documenti smarriti, malori improvvisi per strada, richieste di intervento dei pompieri. Insomma, i controllori della notte. Ecco, per dire, il bilancio del 1974: 30 persone fermate per furto, 71 furti sventati, 80 auto rubate recuperate, 331 operazioni svolte con la polizia, 3.893 segnalazioni di porte aperte. Certo, era una Brescia ben diversa da quella attuale. Di giorno e di notte. «Con meno problemi e meno paura, i ladri erano meno cattivi di adesso», commenta Lorenzo Crescini, presidente della VCBSecuritas, cooperativa continuazione ella società nata nel 1945. La vigilanza privata, a Brescia, nacque ai primi del Novecento con lo sviluppo dell’economia, del commercio e del credito. Nel 1925 si diede una forma organizzata, con sede in piazza Tebaldo Brusato 8. Dopo la guerra rinacque in via San Giorgio 18. I rischi. Lorenzo arriva alla «Vigilanza notturna Città di Brescia» nel 1966. Direttore, come prima di lui lo zio Giovanbattista e il cugino Sergio Crescini (e adesso il figlio Francesco, con l’altro figlio, Michele, vice presidente). «All’epoca si faceva fatica a trovare gente che volesse fare il metronotte», racconta. Si lavorava tutti i giorni, d’estate dalle 24 alle 6, in inverno dalle 23 alle 6. Lo stipendio era basso, «un quarto di chi stava alla OM». Molti erano contadini ed operai, che di giorno potevano fare altro. Poi, con l’aumentare dei rischi e della preparazione, i salari sono aumentati. «I nostri vigili conoscevano bene i quartieri e anche il popolo che viveva di notte».

La scelta delle ronde a piedi o in bicicletta («Rigorosamente Bianchi») aiutava ad avere un controllo più preciso e capillare del territorio. «Ogni mattina - ricorda Lorenzo - un giornalista ci chiamava per sapere i fatti di cronaca nera». Il metronotte lasciava sulle porte o sui cancelli degli esercizi commerciali, delle banche, delle officine, delle case private il tradizionale bigliettino per segnalare il passaggio. «Avevano un orologio di controllo che stampava l’orario». Nell’attuale sede, in via Valcamonica, si conservano ancora questi strumenti, ma anche una divisa d’epoca, una Bianchi datata, i registri originali della società e gli indirizzari dei clienti. Chili di carta, pezzi di storia del costume e della società bresciana. «Ogni guardia notturna aveva un libretto con le pagine segnate da 1 a 100, dove marcava le targhe delle auto rubate indicate dalla questura. Quando, durante i giri, trovava un’auto sospetta, verificava gli ultimi due numeri. Ogni anno recuperavamo un centinaio di vetture rubate». Chi sventava un furto riceveva una ricompensa.

Bicicletta. Ogni mattina due addetti provvedevano alla manutenzione delle biciclette: freni rotti, copertoni bucati, telai ammaccati. «Abbiamo avuto molti lutti», sottolinea Lorenzo Crescini. «Guardie morte in servizio, in Vespa o in bicicletta, travolte dalle auto». Il periodo più buio furono la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, la stagione delle rapine alle banche e del terrorismo. Tanto lavoro di vigilanza anche diurna, con i rischi moltiplicati.

«Quante aggressioni subite dalle guardie. Una volta un agente, che aveva le paghe dell’Ospedale Civile, fu fatto inginocchiare da uomini armati, che gli rubarono i soldi e la pistola». Per dare un’idea, nel 1968 erano 48 le guardie della Vigilanza occupate a piantonare le agenzie bancarie. Poi, alle fine degli anni Settanta, le cose cambiarono con l’arrivo delle porte blindate, delle bussole, dei sistemi di allarme. Una nuova era all’insegna della tecnologia sempre più sofisticata, con la prima centrale operativa per le segnalazioni. Addio ai metronotte in bicicletta.

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