Prima mi licenzio, poi imparo a volare

Non si dovrebbe avere paura del cambiamento poiché le innovazioni sono sempre state le fondamenta di ogni società. Eppure la nuova tendenza di TikTok di usare l’hashtag #Quittok sta gettando nello sconcerto parecchia gente. Per chi non lo sapesse, TikTok è un’Applicazione molto popolare tra gli adolescenti. Ne esiste una versione anche per adulti dove sono pubblicati brevi video di vario contenuto e, di recente, giovani lavoratori abituati a condividere tutto attraverso i social, l’utilizzano per mostrare il momento in cui rassegnano le dimissioni.
Lasciano il posto di lavoro in diretta, spalancando quella che loro sentono come una gabbia, lanciando nella Rete le emozioni contrastanti, mentre con il cuore in gola inviano l’email al datore di lavoro e si tuffano nel disimpegno. Accompagnati da un profluvio di commenti favorevoli, di critiche e di like, interpretano il desiderio di rivalsa di tanti altri e accendono un fascio di luce a occhio di bue sulle incongruenze sociali. Non è un caso che il fenomeno si stia diffondendo tra le ultime generazioni, stressate dal confronto per ottenere «tutto e subito», cresciute nel mito dell’apparenza ma vinte dalle troppe incertezze.
Oggi, con le opportunità più che dimezzate rispetto a quando le città erano «da bere», ciò che ha fatto crack è stata la fiducia. L’idea che la felicità si potesse comperare con l’acquisto di tanti oggetti si è dimostrata fallimentare. Di fatto i boomer hanno dedicato gran parte del loro tempo vitale per disporre di due auto o di una seconda casa, sacrificando sull’altare dei beni materiali il volatile ben d’essere. L’architettura mentale degli uomini ancora conserva la forma circolare dell’uroboro, il mitologico serpente che inghiotte la sua coda. Mentre i più poveri navigano inseguendo la sopravvivenza, alcuni cercano di tornare verso l’essenziale, stanchi dello squilibrio fra affamati e obesi, per inversa indigestione.
Guarda caso, è proprio dal cambiamento che dipende il recupero di ciò che il passato ha demolito. Il pensiero infatti costruisce ponti per attraversare le lande di disumanità che esasperano i popoli e contrappongono gli eserciti. Scrive Kahil Gibran che anche i giovani vivono il timore di disperdersi e di dover costruire solo sulle macerie o sui Continenti di plastica che galleggiano negli oceani. Loro, piuttosto di accettare un futuro atrofizzato, preferiscono spiegare le ali come gli uccelli. Molti cadono rovinosamente, altri imparano a volare.
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