Presidio 9 agosto, uno studio boccia il progetto dei reflui nel fiume Chiese
Un lungo studio tecnico-giuridico per dimostrare l’erroneità tecnico-scientifica e l’illegittimità giuridica del progetto indicato dal Commissario governativo, il prefetto di Brescia,e conosciuto come il depuratore del Garda, che prevede di riversare le acque reflue della sponda bresciana del lago di Garda nel fiume Chiese.
Per conto del Presidio 9 agosto, l’avvocato Pietro Garbarino ha redatto un documento di 55 pagine che sarà inviato a tutte le autorità coinvolte nella progettazione definitiva degli impianti di depurazione di Gavardo e Montichiari. L’obiettivo è dimostrare che l’attuale progetto di massima contrasta non solo con principi ecologici, ma anche con considerazioni tecniche e norme giuridiche, e deve dunque essere abbandonato definitivamente: «Oltre a contestare l’eccessiva onerosità del progetto attuale – spiega Garbarino – rifiutiamo la correttezza dal punto di vista ecologico e giuridico dell’operazione».
Nello studio Garbarino richiama il testo unico sull’Ambiente e la direttiva Habitat del 1992 che individuano e tutelano, oltre ai grandi bacini idrici, anche i sottobacini. «Per la protezione dei piccoli corsi d’acqua – insiste l’avvocato – il codice dell’Ambiente prevede anche il Contratto di fiume. Strumenti di tutela del singolo sottobacino idrografico. Esiste ed è ignorato un decreto ministeriale attuativo del decreto 152, il 131 del 2009, secondo cui è quantomeno sconsigliabile che l’acqua di un sottobacino venga importata in un altro sottobacino».
Il testo unico Ambientale punta a tutelare così non solo la qualità chimica delle acque, ma anche gli ecosistemi: «Le acque – aggiunge Garbarino – portano con sé diversità biologiche vegetali, ma anche la macro e microfauna delle acque: pesci e molluschi». Infine, ci sono i dati delle analisi delle condizioni del fiume Chiese, che nel 2019 sono stati definiti «sufficienti» dall’Arpa. «Livelli inaccettabili per giustificare l’immissione di acque reflue. Se l’acqua deve servire per l’irrigazione – conclude Garbarino – e se non possono più modificare i progetti, riversassero le acque reflue direttamente nei canali irrigui, ma non nel fiume».
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