Premio Paolo VI a Mattarella: «Ponendo gli altri prima delle proprie aspettative»

Il senso del servizio e l’esercizio della responsabilità del presidente della Repubblica
  • In Sala Clementina in Vaticano la consegna del premio Paolo VI
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«Penso che con il Premio più che la mia personale azione, si intenda indicare un modo di interpretare l’impegno nella società e nelle istituzioni – che molti hanno sviluppato - ispirandosi alla visione di Paolo VI e agli insegnamenti che ha, tante volte, espressi. E io spero di meritare la valutazione di averla ben interpretata».

Le parole e la discrezione con cui il presidente della Repubblica ha accolto ieri, nel giorno della festività liturgica di san Paolo VI, il riconoscimento internazionale attribuitogli dall’Istituto omonimo di Concesio, aiutano a comprendere cosa intenda per senso di servizio al bene comune Sergio Mattarella.

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La registrazione integrale della consegna del Premio Paolo VI

E anticipando peraltro il riconoscenza che poco dopo il Pontefice avrebbe espresso nel suo discorso «a nome di quanti, giovani e meno giovani, vedono in Lei un maestro, un maestro semplice, e soprattutto un testimone coerente e garbato di servizio e di responsabilità», Mattarella ha voluto sottolineare quanto «questa sia un’occasione per porre in evidenza, più che il destinatario del Premio, la grande figura di Paolo VI; e il suo straordinario contributo alla Chiesa, e dalla Chiesa all’Italia e al mondo». Una figura fondamentale, quella del Papa bresciano, per il futuro Presidente negli anni del suo impegno nella Gioventù di Azione Cattolica della Diocesi di Roma: «Paolo VI è stato il Papa del mio passaggio dalla giovinezza all’età matura».

Ma la politica è anche senso di responsabilità, ha ribadito papa Francesco, richiamando le parole del predecessore Pio X che definì la politica la «forma più alta di carità». Mattarella lo ha dimostrato, questo senso di responsabilità, già raccogliendo il testimone dell’impegno politico dal fratello Piersanti, assassinato nel 1980 durante il suo mandato di presidente della Regione Sicilia, per mano della mafia come tante altre persone, nella lotta per affermare la legalità, cioè la garanzia di un sistema democratico.

E lo ha confermato più di recente, lo scorso anno, accettando il «peso» di una rielezione, esclusa in un primo momento dal suo orizzonte per scelta personale, d fronte al grave empasse del sistema politico italiano. Ma del resto, come ama dire il Pontefice, «non serve per vivere chi non vive per servire». Ed è questo il motivo che, per usare ancora le parole di papa Bergoglio, il conferimento del Premio a Mattarella diventa «proprio una bella occasione per celebrare il valore e la dignità del servizio, lo stile più alto del vivere, che pone gli altri prima delle proprie aspettative».

Come ha scritto ieri il Presidente nel ricordo di Paolo VI inviato al nostro giornale, la grande lezione del Papa bresciano cui «tanto dobbiamo, noi italiani», è la «testimonianza di come le fedi possano liberare le coscienze. E le coscienze libere possono così costruire il bene comune. Questo un insegnamento di Giovanni Battista Montini. Papa italiano, uomo di fede, di libertà, di pace».

Accostato ieri a un’altra figura di grande italiano da papa Francesco: Alessandro Manzoni, di cui il capo dello Stato ha commemorato la scorsa settimana il 150° anniversario della morte. Quel Manzoni che nel suo «Promessi Sposi» ha scritto - ha ricordato ieri Bergoglio - «servire crea gioia e fa bene anzitutto a chi serve... Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio».

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