Plichi esplosivi all'Europol: era terrorismo

Lo riferiscono i Servizi segreti nella loro relazione annuale al Parlamento
Pacco bomba: era terrorismo
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Con i due plichi esplosivi e potenzialmente molto pericolosi inviati lo scorso aprile alla redazione del quotidiano torinese La Stampa e all’agenzia investigativa Europol di via Cipro 174 nella nostra città, gli anarco-insurrezionalisti della Federazione anarchica informale hanno «interrotto la stasi operativa» seguita al ferimento a Genova dell’Ad dell’Ansaldo nucleare Roberto Adinolfi.

È l’analisi che si legge nella relazione annuale relativa al 2013 che hanno scritto i Servizi di informazione e di sicurezza, ovvero i Servizi segreti, presentata giovedì. Secondo gli 007 della Repubblica quell’uscita dalla stasi operativa ha rappresentato un «innalzamento del rischio di iniziative violente da parte di affini» alla Fai/Fri o di altri «segmenti oltranzisti».

Nella relazione al Parlamento è stato inoltre ribadito che è proprio alla galassia insurrezionalista che «restano correlati i profili più attuali della minaccia terroristica», per «l’ampiezza» sia dei potenziali obietti che dei collegamenti internazionali.

Con i pacchi bomba inviati al quotidiano torinese e all’agenzia di investigazione bresciana che erano stati rivendicati dalla «Cellula Damiano Bolano della Fai/Fri gli informali «hanno voluto dimostrare la fattibilità di una ripresa della campagna terroristica, superando la fase di stallo derivante sia dalle diatribe interne all’area sia dalle difficoltà conseguenti alla pressione investigativa e giudiziaria».

Nella relazione gli 007 individuano inoltre i possibili prossimi obiettivi degli insurrezionalisti: si tratta di ambiti che vanno dal comparto repressivo come le forze dell’ordine,la magistratura, le carceri, fino ai poteri economico-finanziari e ai media. Nella lettera di rivendicazione inviata al quotidiano Il Secolo XIX di Genova, pochi giorni dopo l’arrivo dei plichi a Torino e a Brescia, proprio i giornalisti venivano indicati come «pennivendoli».

Fin da subito, poco meno di un anno fa, gli investigatori dell’antiterrorismo romano avevano parlato di uscita dalla «stasi operativa» in cui la Fai si era rifugiata dopo l’attentato ad Adinolfi. Quella sigla che ha rivendicato in dieci anni una trentina di attentati e che seppur «decimata» era ed è pericolosa, faceva e fa ancora paura.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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