Piazze e parchi: i Custodi del Bello si prendono cura della città

Squadre di persone fragili in azione per preservare il patrimonio pubblico. Si inizia nei quartieri est di Brescia
ARRIVANO I CUSTODI DEL BELLO
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Vestiranno una pettorina arancio. Sulla schiena avranno la scritta «Custodi del Bello» e il logo dell’iniziativa, un cerchio formato da figure umane stilizzate, a sottolineare la forza della condivisione. Saranno nei parchi, nei giardini, nelle strade e nelle piazze per prendersi cura di monumenti, edifici, aree, beni e patrimonio pubblici. Sono i «Custodi del Bello», appunto, le squadre composte da persone in condizione di fragilità protagoniste del progetto che vede in campo Terzo settore e Comune di Brescia.

Si comincia in questi giorni nei quartieri est della città, da Buffalora a San Polo Parco: in azione, per 12 ore di lavoro a settimana, una squadra con due responsabili (che si riferiscono all’Associazione Dignità e lavoro e alla cooperativa Essere), quattro tirocinanti e alcuni volontari. Per adesso un impegno di sei mesi, da novembre ad aprile, con l’obiettivo di prolungare l’esperienza con altri soggetti fragili. Da gennaio a giugno si aggiungerà una seconda squadra nei quartieri della zona nord: sempre 12 ore a settimana, due capisquadra (della cooperativa Kemay), quattro tirocinanti e i volontari. I promotori stanno già lavorando per estendere il progetto alle altre due zone di Brescia, innanzitutto cercando tirocinanti e volontari.

Organizzatori e protagonisti

Custodi del Bello in azione
Custodi del Bello in azione

«Custodi del Bello» coinvolge la Fondazione Opera Caritas San Martino, il Comune, l’Associazione dignità e lavoro, la cooperativa Essere, la cooperativa Kemay, Parrocchie e Consigli di quartiere. Lo slogan dell’iniziativa è «Ci prendiamo cura della città dando speranza alle persone». Progetti uguali sono già stati attivati a Milano, Firenze e Roma, presto si aggiungeranno Savona, Biella e Torino. A livello nazionale sono in campo il Consorzio Communitas, la Fondazione Angeli del bello, l’associazione Extrapulita, la Caritas con il sostegno economico delle Fondazioni Peppino Vismara e Azimut. Queste ultime due finanziano anche l’esperienza di Brescia, che beneficia pure di un piccolo contributo del Comune.

Protagonisti sono soggetti fragili, italiani e stranieri, che avranno un compenso di 350 euro mensili. Persone che hanno perduto il lavoro, magari per colpa della pandemia. Conta l’aiuto economico, ma soprattutto lo stimolo, la formazione, lo sviluppo delle competenze. «Si tratta di uomini e donne - sottolinea Luciano Marzi, vice presidente del Consorzio Communitas - che hanno perso anche la dignità, la voglia di fare, la stima in se stessi. Hanno bisogno di ricapacitarsi, di riprendere fiducia». D’altra parte, a beneficiare del loro impegno saranno i quartieri, secondo un modello che può essere replicato.

Nei quartieri

«Custodi del Bello» ha coinvolto anche i Consigli di quartiere e le parrocchie, spiega Marco Danesi, vice direttore della Caritas bresciana. Un lavoro di preparazione, perché «l progetto mira anche a riattivare i quartieri e i cittadini». L’ambizione è che la cura del patrimonio pubblico diventi impegno condiviso e occasione per generare relazioni. «Vorremmo che in tutta la città si attivassero i custodi del bello con l’ausilio dei volontari», sottolinea Danesi. L’altro augurio è che il progetto da sperimentale diventi stabile, dando la possibilità a più «tirocinanti» di risalire la china e trovare un posto di lavoro.

Il Comune di Brescia partecipa al progetto, convinto che rappresenti «uno strumento di coesione sociale, inclusione, scoperta della bellezza dei nostri luoghi», commenta l’assessore alla Rigenerazione urbana Valter Muchetti. «All’inciviltà «rispondiamo con progetti che vincono l’indifferenza». L’iniziativa, all’insegna del prendersi cura, sarà uno stimolo «alla condivisione dei cittadini e dei Consigli di quartiere», ribadisce l’assessore alla Partecipazione Alessandro Cantoni. Brescia, ragiona l’assessore al Welfare Marco Fenaroli, «presenta molti fattori di emarginazione. Progetti che ridanno dignità alle persone sono benvenuti». Per altro, continua, «dare a chi versa in una condizione difficile la responsabilità di beni comuni, di cui spesso nessuno si occupa, li aiuta a riprendere fiducia in se stessi». Suor Italina Parente (vice direttrice dell’Ufficio impegno sociale della Diocesi) sottolinea il valore generato da «un’alleanza che produce progetti di corresponsabilità. Un piccolo segno di grande significato». Un seme da cui possono maturare buoni e diffusi frutti che rendono migliore la città.

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