Perché è difficile prevedere gli eventi atmosferici estremi con i mezzi attuali

Lo spiega Giacomo Alessandro Gerosa, ordinario di Fisica dell’Atmosfera all’Università Cattolica
L'alluvione a Niardo, in Valcamonica - Foto © www.giornaledibrescia.it
L'alluvione a Niardo, in Valcamonica - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Difficilissimo prevederli, doveroso tentare di arginarli e - arrivati a questo punto - quasi impossibile evitarli. Il professor Giacomo Alessandro Gerosa, ordinario di Fisica dell’Atmosfera e incaricato di Ecologia all’Università Cattolica, risale alla radice del problema. «Questi eventi estremi - spiega - sono una conseguenza del riscaldamento globale. Più l’atmosfera si riscalda, maggiore è l’iniezione nel sistema climatico di energia che si scatena rendendo più violente le manifestazioni meteorologiche. Ed ecco che si verificano venti più forti, precipitazioni più intense e, per contro, anche periodi siccitosi più lunghi».

Un complesso di eventi che era stato preconizzato dalla teoria del cambiamento climatico ma che, al momento, è ancora impossibile prevedere nel loro singolo verificarsi. «I nostri sistemi previsionali - conferma il professor Gerosa - non sono opportunamente parametrizzati per rilevarli, perché basati su fenomeni più ordinari. Anche attualmente, se possiamo evincere che pioverà, il pattern di distribuzione geografica resta di difficile previsione. Insomma, anche una cosa in apparenza così semplice non è in realtà semplice come sembra».

Quindi siamo destinati ad essere sempre colti di sorpresa - e sempre più spesso - da questi eventi atmosferici violenti? «Se abbiamo fiducia nella scienza possiamo credere che col giusto investimento di risorse e intelligenze si potrà andar vicino a poterli prevedere. Resterà comunque complicata una loro previsione accurata. Quindi bisognerà cominciare ad adattarsi a questi eventi che, purtroppo, avverranno con sempre maggiore frequenza».

«Adattarsi - insiste Gerosa - vuol dire adottare delle buone pratiche di gestione del territorio per contrastare gli effetti di questi fenomeni. I nostri argini crollano perché non sono progettati per mitigare in un’ora quantità d’acqua che, normalmente, cadrebbero in mezzo anno. Bisogna provare a immaginare strategie di adattamento. Tutto ciò, però, richiede attenzione e soldi da parte della politica. E non solo chiacchiere. Altrimenti rischiamo si ritrovarci sempre più spesso a piangere delle vittime».

Saremo mai al riparo da cataclismi devastanti? «Questi fenomeni proseguiranno. Non abbiamo fatto nulla, o troppo poco, per ridurre le emissioni e rallentare l’effetto serra. E anche se riuscissimo ad azzerare le emissioni oggi, il sistema climatico ha un’inerzia tale per cui i danni che abbiamo provocato avrebbero effetti per altri 300 anni. I nostri posteri dovranno farci i conti per un bel po’».

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