Pd, Lega e M5s: il faccia a faccia tra copione nazionale e slogan

Su Teletutto il confronto dei tre segretari bresciani su giovani, infrastrutture e Reddito di cittadinanza
Il giornalista Renato Andreolassi - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il giornalista Renato Andreolassi - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Hanno cercato di differenziarsi. Di apparire istituzionali per comunicare a chi ascoltava «siamo noi quelli di cui ci si può fidare». Ma nessuno dei tre segretari provinciali di Pd, Lega e Movimento 5 stelle - chiamati ieri al primo faccia a faccia su Teletutto, ospiti a «Punti di vista» - ha avuto il coraggio di avventurarsi in pronostici: troppo rischioso a venti giorni dal voto e troppo alte le possibilità di vedersi smentiti dall’epilogo di questa campagna elettorale estiva. Un corpo a corpo politico, quello che traguarderà il 25 settembre, che ha iniziato sì a farsi più frizzante, ma che - a conti fatti - risulta ancora parecchio raffazzonato, evidente segno di una campagna elettorale che tutti i partiti (e soprattutto tutti i candidati) si sono trovati a dover improvvisare alla bell’e meglio. E si vede.

Lessico

Il punto comune emerso dagli interventi e dallo stile scelto è che tutti e tre i partiti hanno indossato il doppiopetto di governo, un’indole e una postura per nulla scontate se si pensa non solo alle elezioni del 2018 ma anche solo a un mese fa, a quel luglio (che ora sembra così lontano) che ha recitato il requiem politico dell’Esecutivo guidato da Mario Draghi. Il tratto distintivo, invece, si rintraccia soprattutto nelle parole chiave scelte, un vocabolario ristretto dai tempi contingentati e - per questo - ancora più incisivo nei messaggi ripetuti. Tre partiti, tre concetti veicolati.

Michele Zanardi, alla guida Dem, scandisce a più riprese «dignità», Alberto Bertagna per la Lega sceglie «concretezza», Ferdinando Alberti punta tutto sull’etichetta dell’«affidabilità» per il Movimento. Tutti, chi prima chi dopo, infilano sotto i riflettori i nomi dei rispettivi leader per conquistare il pubblico televisivo territoriale, come a voler avvicinare i big romani alla dimensione locale.

Giovani

Di fronte al dato dell’ultimo sondaggio, che racconta come il 40% degli under 35 non sarebbe intenzionato ad andare a votare, Zanardi lo dice senza giri di parole: «Io ho 36 anni, sono esattamente in quella fascia d’età, figlia di una generazione che vede la politica distante. Servono parole chiare: no a stage gratis, agevolazioni sui mutui. La politica deve investire sulle nuove generazioni presenti e future». Bertagna sparge un pizzico di pepe: «La responsabilità è anche dell’antipolitica portata avanti da alcuni partiti. Ora bisogna dare risposte chiare e la Lega lo fa ad esempio con quota 41, che significa più spazio al lavoro giovanile, e con la proposta di abolire il numero chiuso a Medicina. Se si è concreti, i giovani arrivano». Ribatte Alberti: «Sull’antipolitica respingo al mittente la battuta, siamo molto concreti». E sui giovani spiega: «Credo che gli under 30 abbiano sofferto molto la pandemia e che questo abbia acuito il distacco verso la cosa pubblica. Il M5s ha candidato le persone più giovani del prossimo parlamento».

  • Ferdinando Alberti, Movimento 5 stelle - Foto © www.giornaledibrescia.it
    I tre segretari
  • Michele Zanardi, Partito democratico - Foto © www.giornaledibrescia.it
    I tre segretari
  • Alberto Bertagna, Lega - Foto © www.giornaledibrescia.it
    I tre segretari

Infrastrutture

Aeroporto, depuratore del Garda, autostrada della Valtrompia, nuovo carcere: temi, sottolinea dallo studio Renato Andreolassi, che vanno risolti a Roma eppure poco discussi in questa campagna elettorale. La difesa, per tutti e tre, è quasi d’ufficio: nessuno entra nel merito.

Zanardi bolla come «imbarazzante la politica nazionale che sul Depuratore non ha avuto il coraggio e la capacità di prendere una decisione chiara». Alberti (a sorpresa) fa il moderato e smorza il j’accuse: «Non prendiamocela sempre con Roma - dice -: le decisioni sono state prese anni fa, ma è chiaro che c’è un iter lungo perché sono opere che hanno un grande impatto territoriale».

Bertagna intesta alla Lega l’avvio dei procedimenti: «Le opere sono state finanziate e in parte cantierizzate quando abbiamo potuto governare». Nessuno dei tre ha azzardato proposte o avanzato ricette a temi che ormai sembrano essersi incancreniti sul territorio. Nessuno si è insomma spinto fuori dal copione (e dalle briglie) dei programmi nazionali.

Reddito di cittadinanza

Se sulla soglia psicologica e sulle aspettative elettorali nessuno si è sbilanciato («credo che il M5s sarà oltre il 10%» è l’unica frase che si lascia scappare Alberti), sul bivio Reddito di cittadinanza tutti - pur con sfumature differenti - sono concordi: bene, ma serve aggiustarlo. Lo chiarisce bene anche il portavoce dei Cinquestelle: «Il nostro obiettivo è di migliorarlo, ma grazie a questo strumento un milione di persone è stato salvato dalla povertà. Certo, serve un lavoro sulle politiche attive, fronte sul quale le Regioni sono carenti». Non è d’accordo il Carroccio: «Il Reddito di cittadinanza va completamente rivisitato, perché era nato con ambizioni che non si sono poi concretizzate- sentenzia Bertagna -. Servono controlli e verifiche maggiori: il sussidio è andato troppo spesso a chi non lo meritava».

Zanardi non ci sta alla presa di distanza della Lega e ricorda a Bertagna che a proporre e votare quel meccanismo è stato proprio il governo di Salvini: «Il RdC ha dimostrato elementi di fragilità e vanno messi in campo subito alcuni correttivi sui requisiti e sulle politiche attive. Ma la misura non basta: non si può più attendere per il salario minimo e l’abbattimento della fiscalità del lavoro dipendente, mosse che portano al contrasto del sommerso e dell’impiego in nero e quindi a più dignità. Il Pd lavorerà fino all’ultimo per avere un voto più degli altri».

Tra Dem e Lega, la voce moderata è sembrata (ancora) quella dei 5s. La ragione la rivela Alberti: «L’Italia è sempre stata divisa tra conservatori e popolo del vaffa. Nel 2018 noi eravamo quelli della protesta, ma oggi siamo diventati un partito di governo e abbiamo dimostrato di saper governare, togliendoci quel vestito ingombrante di inaffidabili e incapaci. Abbiamo nel bagaglio una serie di risultati raggiunti e di numeri, l’Italia si è costruita una reputazione nel mondo quando Conte ha governato».

Come a dire: non c’è bisogno di alzare i toni, perché abbiamo in tasca i risultati, siamo dentro e siamo affidabili. Solo il 25 si scoprirà se lo pensano anche gli elettori.

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