Pasqua significa andare oltre: auguri, apertori di brecce

La festa ci ricorda che l’amore è incondizionato ed è un fine, il fine unico della nostra esistenza
«Mi spieghi perché dovrebbe essere una buona Pasqua?»
«Mi spieghi perché dovrebbe essere una buona Pasqua?»
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Ero al supermercato quando, fra peperoni rossi e candidi daikon, ho captato nell’aria una voce inviperita che affermava perentoria: «Mi spieghi perché dovrebbe essere una buona Pasqua?». Non era mia intenzione origliare discorsi altrui, ma in quei pochi minuti di permanenza nell’oasi salutare del reparto vegetale, non ho potuto evitare l’ascolto di una slavina di negatività che, in pochi secondi, era già valanga. Ho gettato una rapida occhiata alla signora che, con un sacchetto di patate in mano, si stava sfogando, e alla sua interlocutrice che incassava, rabbuiandosi.

Mentre mi allontanavo dalla tempesta verbale, una grandinata di punti di domanda mi si è abbattuta addosso: perché nelle parole udite non c’era stato un benché minimo accenno alla giornata piena di sole, ai trilli festosi degli uccellini, ai petali di ciliegio nell’aria? Nonostante gli alberi esplodessero di gioia, i merli si corteggiassero e il cielo terso colorasse d’azzurro ogni sguardo, pensieri grigi usurpavano le menti affaccendate fra le corsie del negozio, come se non esistesse un’altra possibilità.

Eppure la parola Pasqua significa passaggio, liberazione, passare oltre, ed è proprio di questo che abbiamo bisogno quando le nostre paure e incertezze costruiscono spaventose muraglie. Gesù, sia che lo approcciamo come personaggio storico realmente vissuto, sia che crediamo in lui come Salvatore, è venuto a portare a tutta l’umanità un messaggio d’amore immenso, talmente immenso da oltre-passare le brutture della vita, le calunnie, i tradimenti e la crocifissione.

Pasqua ci ricorda che, per privilegio di nascita, abbiamo tutti diritto ad essere salvati da questo amore nella misura in cui, naturalmente, desideriamo lasciarlo entrare, attraverso lo sguardo cordiale di un passante, il trillo festoso di un usignolo o le nuvole che, vestite di rosa, attendono che la luna rischiari anche la notte più nera. Perché non provare a vedere la bellezza nel quotidiano? A riferire dieci cose belle prima di confidarne una brutta?

Davanti agli occhi abbiamo un Uomo che ha continuato a vedere bellezza e amore persino quando è stato ucciso, e questo stesso amore, non dimentichiamolo, è vivo e presente in ognuno di noi. È una forza straordinaria, arde in ogni cuore, è capace di perdonare e persino di continuare ad amare anche chi ci fa (e si fa) del male. Quando ringraziamo il giorno che sorge su tutte le difficoltà umane e sorridiamo al nostro essere esausti, stiamo amando. E stiamo amando anche quando mettiamo un fiore cresciuto a bordo strada sul parabrezza di uno sconosciuto, perché l’amore che la Pasqua ci ricorda, è incondizionato, non un mezzo per ottenere qualcosa, ma un fine, il fine unico dell’esistenza.

E «allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace» (Erri de Luca) che, anche solo per un giorno, indosserete gli occhiali dell’Amore e risorgerete a vita nuova! Buon passaggio a tutti. Dal profondo del cuore.

 

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