Ospedali e Case di comunità, dove saranno a Brescia: la mappa

Nave e Leno sono i primi paesi bresciani in cui prenderà forma la nuova organizzazione della sanità sul territorio. Così come previsto dalla legge regionale approvata lo scorso 30 novembre al Pirellone, a partire dal 31 dicembre 2021, dunque tra pochi giorni, inizierà «la graduale e progressiva attivazione dei servizi di almeno due Case di comunità e di un Ospedale di comunità in ciascuna delle Agenzie di tutela della salute lombarde». Lo spiega Claudio Sileo, direttore generale di Ats Brescia. Partono dunque per prime le realtà che, di fatto, sono già strutturate con servizi e reparti così come contenuto nelle indicazioni della legge.
Cosa dice la legge
Cosa prevede la norma regionale a proposito di Ospedale di comunità (dovranno essere 9 in tutta la provincia di Brescia)? La riforma lombarda, in connessione con il Piano nazionale di ripresa e resilienza che finanzierà la parte strutturale di Case e ospedali pubblici, prevede la creazione di Ospedali di comunità, ipotizzati come strutture per ricoveri brevi per interventi sanitari a bassa intensità clinica. Saranno posti ad un livello intermedio tra la rete territoriale e l’ospedale per acuti, prevalentemente a gestione infermieristica e dotati mediamente di 20 posti letto (con un massimo di 40).

Le Case di comunità «diventeranno il punto unico di accesso alle prestazioni sanitarie, ma anche il punto di riferimento per i malati cronici. In esse vi opereranno team multidisciplinari di medici di famiglia, specialisti, infermieri, a cui si aggiungeranno gli assistenti sociali dei Comuni. In ognuna, inoltre sarà presente un consultorio».
Con la localizzazione degli immobili e dei terreni da destinare alle Case e Ospedali di comunità, si è avviata la prima e seconda fase del cronoprogramma indicato dalla legge regionale. Si tratta, in queste fase, di immobili e terreni di proprietà del Servizio sanitario regionale o degli Enti locali, perché per ristrutturarli e adeguarli verranno usati i fondi pubblici del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nella terza fase, in base alle necessità, verrà pubblicato l’avviso di manifestazione di interesse per coinvolgere anche i privati - «come il Richiedei di Gussago, i cui servizi non verranno comunque mai interrotti» afferma Sileo - nell’organizzazione della sanità territoriale.
«I muri non bastano»
Le linee di sviluppo dell’assistenza territoriale nel prossimo futuro sono sostanzialmente tracciate tramite gli indirizzi dell’azione 6 descritti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il Pnrr ha indirizzato per la salute 222,1 miliardi di euro, dei quali 18,5 miliardi per la salute e 7 miliardi per le case della comunità e ospedali di comunità (e la telemedicina). Per l’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti, «la riforma della sanità lombarda ha due punti di forza: il primo è che ha delle risorse certe. Sappiamo di poter contare su 1,2 miliardi di fondi dal Pnrr e 800 milioni di Regione Lombardia; il secondo è che dà dei tempi certi. Le 203 Case di comunità e i 60 Ospedali di comunità si realizzeranno per il 40% nel 2022 e i rimanenti entro il 2024».
Ancora: «Oltre alla realizzazione delle strutture, fondamentale sarà l’apporto dei medici di medicina generale. Per questo stiamo dialogando con il Governo», ha sottolineato Moratti. «Il contratto dei medici di medicina generale - ha specificato l'assessore - è un contratto nazionale, non dipendono dalla Regioni. Quindi stiamo cercando di avere una organizzazione del lavoro che consenta alle Regioni di avere disponibilità dei medici di medicina generale». La legge prevede che la gestione delle Case di comunità potrà essere affidata ai medici di medicina generale, anche in cooperativa.
Perplessità sono state sollevate da alcuni medici, anche durante un recente incontro nella sede dell’Ordine di Brescia: «La nuova legge si pone l’obiettivo imprescindibile e fondamentale di rafforzare la presenza della medicina sul territorio, ma non basta una norma quadro: ospedali e case di comunità vanno popolate. Di solito si parte dalle risorse umane per poi creare le strutture, se si fa il contrario i conti rischiano di non tornare».
Perché a Leno
A Leno - realtà affertente all’Azienda sociosanitaria regionale Garda e, dunque, di proprietà del Servizio sanitario regionale - c’è già un reparto subacuti nel quale vengono ricoverate «persone, prevalentemente anziane, dimissibili da Unità Operative per acuti, in condizioni cliniche che non permettono l’assistenza al proprio domicilio. La permanenza presso la struttura è limitata nel tempo, orientata al superamento della fase acuta e al recupero dell’indipendenza della persona. È previsto, inoltre, l’inserimento direttamente dal domicilio di persone clinicamente instabili, per le quali non risultino sufficienti gli interventi di supporto forniti dal territorio o dai familiari».
A Leno aprirà formalmente anche una delle prime due Case di Comunità con le quali Regione Lombardia intende ridisegnare l’assistenza sanitaria e sociosanitaria sul territorio. Non a caso. Infatti, nello stesso palazzo dell’Ospedale, in piazza Donatori di sangue, sono già pienatemente attivi servizi e poliambulatori.
Perché a Nave
L’altra Casa di Comunità ad iniziare a breve l’attività prevista sul territorio - meglio, a continuare - è la struttura di via Brescia 155 a Nave, di proprietà dell’Ente locale. Sarà una delle strutture territoriali dell’Asst Spedali Civili di Brescia. L’ambulatorio di Nave ha già ora come bacino di utenza i residenti nei Comuni di Nave, Bovezzo e Caino. «Per Nave abbiamo già il via libera dei medici di medicina generale, che saranno uno dei riferimenti fondamentali per il funzionamento delle Case di Comunità - sottolinea Sileo -. Nella legge regionale si legge che le prime strutture dovranno iniziare ad organizzarsi dal 31 dicembre 2021, dunque si partirà con le realtà che hanno già un numero sufficiente di servizi territoriali da erogare ai cittadini. Ovviamente, anche queste realtà verranno potenziate nelle parti eventualmente mancanti».
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