Omicidio Mura: la donna si è difesa, contro di lei usate due armi

Gli esperti della difesa sul luogo del delitto; il consulente di Sollecito al lavoro per Musini
AA

Anna Mura è stata uccisa con due armi differenti: nove colpi le sono stati inferti al collo, con un coltello o un punteruolo. Almeno un altro con un martello o una mazzetta.

La 54enne trovata cadavere nel suo appartamento di via Matteotti a Castenedolo il 16 marzo scorso, prima di esalare l’ultimo respiro, si è ribellata, ha urlato, ha cercato con tutte le sue forze di sottrarsi al suo aggressore. A dirlo sono le numerose ferite da difesa che il medico legale ha evidenziato in autopsia. A ribadirlo la consulenza disposta dai difensori di Alessandro Musini, il 51enne marito, in carcere da allora con l’accusa di omicidio volontario.

Per capire la ragione per la quale nessuno, a partire dal figlio più giovane della coppia, in casa e a letto a quell’ora, si sia accorto dell’aggressione mortale, i legali del 51enne operaio, gli avvocati Ennio Buffoli e Andrea Pezzangora, giovedì hanno accompagnato due consulenti sul luogo del delitto. Con loro c’erano Luca Massaro, specialista in medicina legale esperto in scienze criminologiche e analista forense della Scuola di Crimonologia di Mantova, e Valerio Onofri dell’Università di Ancona, genetista forense (esperto nello studio delle macchie ematiche), già consulente della difesa di Raffaele Sollecito, nel processo per l’omicidio di Meredith Kercher.

Nel corso del sopralluogo, durato due ore abbondanti, i due specialisti hanno compiuto prove fonometriche, per valutare l’isolamento acustico delle stanze del piccolo appartamento di via Matteotti. Ma hanno anche scattato diverse fotografie e registrato alcuni filmati per poter ricostruire la dinamica dell’omicidio e, in particolare, per stabilire la posizione della vittima e del suo aggressore.


Dall’esito delle loro valutazioni dipenderà l’eventuale richiesta di scarcerazione del marito di Anna Mura. Gli elementi contro Musini stanno perdendo di consistenza. Detto che mancano le armi del delitto, che sotto le unghie delle donna non sono state trovate tracce del suo dna, che i capelli che questa teneva tra le dita non erano i suoi e che il racconto che fece di quella mattina sarebbe confermato dai consumi energetici, a tenerlo in cella ora c’è l’ingiustificata fuga dal teatro del delitto.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia