«Non voglio andare via, qui ho vissuto una vita»

Luigi Spatti è uno dei proprietari della cascina di via Violino di Sotto che sarà demolita.
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«Non è giusto. Abbiamo messo i nostri risparmi, tanta cura e passione in questa casa. Adesso le ferrovie ci dicono che devono demolirla. E poi qui ho l'orto, i conigli, le galline: dove trovo un altro posto simile?» Luigi Spatti, 73 anni, guarda i suoi alberi da frutto, l'ampio cortile, il capanno degli attrezzi, i campi intorno. Con orgoglio nasconde il magone, ma si capisce che il colpo è di quelli duri. Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) gli ha fatto sapere che da qui passeranno i binari della Tav. È informato da tempo, ma ora che Rfi gli ha scritto, che è scoppiato il caso via Toscana, vuol far sentire la sua voce e il suo dispiacere: «Non voglio andarmene». La cascina di via Violino di Sotto, al civico 200, in territorio di Brescia, al confine con Roncadelle, andrà abbattuta. Si tratta di due grandi fabbricati contigui, cinque alloggi con undici persone. Spatti e la moglie Lucia Salvetti abitano nella casa più vicina al sottopasso ferroviario di via Colombaie.

Mentre Luigi parla un treno della Milano-Venezia sfreccia sulle rotaie dietro casa, ad un tiro di sasso. Dieci, quindici metri appena. Nei pressi, sulla linea della ferrovia, c'è l'industria Riva Calzoni, che si vedrà amputato il piazzale dalla futura Tav. Spatti mostra la lettera che Rfi gli ha mandato in agosto con una richiesta: «Quantifichi l'indennità per l'esproprio e ci faccia sapere».
«Come faccio a quantificare sacrifici, sentimenti, ricordi? Abito qui da 40 anni!». La moglie Lucia, al suo fianco, fa segni di assenso: «Io non voglio andarmene» dice. «La nostra casa non ha prezzo, chi ci restituisce tutto quello che abbiamo fatto?»
Ma sanno che sarà impossibile restare. 

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