Non solo commessi: quei «condannati» al lavoro nei festivi

Per non sentirsi in colpa se la domenica mattina si finisce il sale, il commento del giornalista Francesco Alberti
AA

Baristi, camerieri, cuochi, poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, bigliettai dei cinema e teatri, infermieri, medici, casellanti, tutto il mondo degli alberghi. Ancora: tutti coloro che gestiscono impianti sportivi. Esageriamo: aggiungiamo anche i giornalisti. Tutte queste categorie (ma ne potremmo citare ancora molte altre) lavorano da sempre la domenica e anche le festività. Nessuno si è mai sognato di esprimere loro solidarietà. Nessuno si è mai preoccupato delle loro dinamiche familiari. Qualcuno ha mai portato una fetta di panettone a quel brav’uomo che alle 7 della mattina di Natale è già dietro al bancone a preparare il caffè?

La risposta è facile: no. Quando invece i lavoratori dei centri commerciali si lamentano per le aperture domenicali e per quelle durante le festività ecco che una folla si accoda per far sentire il proprio sostegno. Perché accade? Perché il punto non è sostenere quei lavoratori, ma attaccare i centri commerciali. È un sostegno che trasuda snobbismo, quello di una fetta di società che considera come socialmente elevante andare la domenica pomeriggio a vedere una mostra (e chi fa pagare l’ingresso non ha diritto a stare con i suoi affetti?) mentre ritiene inesorabilmente dequalificante andare, appunto, al centro commerciale.

Ricordate il povero Gianni Morandi sommerso di insulti sui social perché la domenica mattina era andato al supermercato a fare la spesa? Per non rischiare di vedere un crollo del pubblico ai concerti, l’eterno ragazzo si è scusato promettendo di andare a prendere il latte soltanto dal lunedì al sabato. Perché ormai se la domenica mattina hai finito il sale, prima di andare al market devi cospargerti il capo di cenere. Perché ai vicini lo chiedono solo nei film.

La realtà è certo meno romantica, e tutti vorremmo passare le domeniche pomeriggio a sonnecchiare sul divano con sottofondo le liti da Barbara d’Urso. Ma non è possibile. La concorrenza è più che agguerrita e ormai i centri si fanno guerra per conquistare clienti. Si fanno guerra per soppravvivere e garantire i posti di lavoro. Nel mondo ideale questo non dovrebbe accadere. Ma con le utopie non si comprano bistecche. Avete mai visto la domenica un centro vuoto? No. Allora la colpa (se così vogliamo chiamarla) non è di chi decide di tenere aperto.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia