«Non chiamateci eroi, siamo investigatori delle macerie»

All'Hotel Rigopiano un intervento tra i più complessi. Ecco cos'hanno vissuto i sette vigili del fuoco Usar di Brescia
"INVESTIGATORI DELLE MACERIE"
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«Il soccorritore vigile del fuoco fa un'unica scelta coraggiosa: decide di essere un vigile del fuoco soccorritore. Tutto quello che fa dopo e dovere».  A parlare è Peter Rasman, responsabile operativo dell’Usar Lombardia, uno dei Vigili del fuoco che si sono trovati catapultati nell’inferno dell’Hotel Rigopiano, a Farindola, in Abruzzo.

Li abbiamo visti sparire inghiottiti da quella massa di macerie e neve, le cui sole immagini gelano il sangue. Eppure continuano a ripetere di non essere eroi, solo professionisti del soccorso. Per loro, gli Usar Lombardia dei Vigili del fuoco, sette dei quali partiti da Brescia, il Rigopiano segna un prima e un dopo, professionalmente e umanamente. Quei sei giorni vissuti in Abruzzo pesano come secoli, in cui l’aspetto operativo finito sotto i riflettori è solo una parte del lavoro che ha tenuto svegli giorno e notte i soccorritori.

Il responsabile operativo dell'Usar Lombardia, vigile del fuoco Peter Rasman - © www.giornaledibrescia.it
Il responsabile operativo dell'Usar Lombardia, vigile del fuoco Peter Rasman - © www.giornaledibrescia.it

Prima c'era la pianificazione, indispensabile a quelli che si identificano come investigatori delle macerie. «Ci siamo basati su planimetrie, foto di quello che c’era prima, di informazioni acquisite tramite social media piuttosto che dati raccolti tramite intervista. Tutto per riuscire ad ipotizzare quale poteva essere la traslazione effettuata dall’albergo, che non era più dove si trovava in origine. In base a questo lavoro di intelligence, abbiamo cercato di definire il punto di inizio scavo, così da accorciare i tempi dello scavo stesso scavo per arrivare fino alla vittima il prima possibile».

E le incognite sono davvero tante quando si inizia a scavare, con gli strumenti più disparati. Dalle mere leve manuali alle elettroseghe a catena diamantata che non conoscono resistenza alcuna. Con puntelli di fortuna o di legno introdotti apposta per garantire un margine di agibilità. «Ma non sai mai cosa ti aspetta: un muro che doveva essere di pochi centimetri, magari si rivela spesso quasi un metro». E il tempo corre. «Per cui preferiamo convergere da punti diversi, così da aumentare le possibilità di fare in fretta».

Uno scenario in cui ogni tassello deve andare al suo posto, a partire dalla gestione della logistica («un incubo al Rigopiano, tra neve, maltempo, strade impraticabili») e del rischio per chi scava. «Per la sicurezza abbiamo adottato un sistema multiplo. Anzitutto c’è l’accountability: questo significa sapere sempre quanti uomini sono in campo e dove si trovano esattamente. Ma servono anche un sistema di previsione nivologico, piuttosto che meteorologico, avere un direttore di valanga piuttosto che un esperto strutturista».

I Vvf dell’Usar Lombardia sono subentrati a quelli di Roma e Toscana dopo 5 giorni dalla slavina: a loro non è spettata la gioia del miracolo, del recupero di sopravvissuti. Ci sono stati tre cuccioli di cane tratti in salvo in un locale caldaie, ma poi c'è stato il rinvenimento di 24 delle 29 vittime totali. «Non smettiamo mai di sperare. Fino all'ultimo momento, fino all'ultimo secondo ci adoperiamo come se ci fosse qualcuno sotto le macerie ancora vivo». Certo un’esperienza simile non può non lasciare segni. «La botta prima o dopo arriverà» conferma Rasman. Perché la professionalità, l'esperienza e la tecnologia possono fare la differenza sul campo. Ma poco valgono di fronte alla pressione psicologica.

«A tutto il personale Usar che ha operato al Rigopiano - fa sapere al riguardo il comandante provinciale dei Vvf, ing. Agatino Carrolo, verrà garantito il supporto psicologico con una giornata a loro dedicata alla presenza di esperti di gestione dei postumi di simili eventi. Perché è giusto che l’Amministrazione si prenda cura di chi ha operato in un contesto tanto estremo esperimendo un simile livello di professionalità».

 

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