Nel regno del collezionista di farfalle

La meraviglia della natura. Lo scrivo sul diario degli ospiti. Stupito per quanto ho avuto la fortuna di vedere. È solo una piccola parte della monumentale collezione di farfalle che sta, ordinata con sistematico rigore scientifico, al pianterreno della casa di Giovanni Sala, odontoiatra a riposo forzato anticipato, entomologo per passione. «Naturalista» sottolinea quando inizia a squadernare le vetrinette con farfalle di ogni dimensione e colore. Le ha raccolte e ordinate nella sua abitazione in cima alla Panoramica.
In tutto sono 65mila gli esemplari di lepidotteri dai mille colori che Giovannino, così è per gli amici, ha catalogato. Passione giovanile tradotta in ricerca scientifica, studio, interesse professionale. Con un passaggio di vita fatalmente indotto da una trasferta in montagna a caccia di farfalle. È, questa, una storia nella storia. Che riserva pure la sorpresa collegata ad un album di Francesco Guccini: lo raccontiamo nel pezzullo a margine.
L'inizio fa capo al 1962. Modenese di nascita, orgogliosamente e bresciano d'adozione, Giovannino ha oggi sessant'anni. Fate voi i conti. Iniziò a catturare le prime farfalle inseguendole per gioco, con il più classico dei retini da pesca, durante una vacanza estiva con la madre e la sorella a Boscochiesanuova, nel Veronese. Nel 1973 l'amara sorpresa di un box di farfalle tropicali arrivato in frantumi nel bagaglio dei genitori di rientro con il regalo da un viaggio in Indonesia lo indusse a perseverare. Ne è valsa la pena. A seguire, una quarantina di pubblicazioni scientifiche, quattro fra volumi e opere multimediali. Fra questi, il libro «I lepidotteri diurni del Comprensorio gardesano». «Un territorio, quello a cavallo fra le provincie di Brescia, Verona e Trento - scrisse al tempo Giovanni Sala -, che con più di 160 specie mostra una concentrazione di farfalle che rappresenta oltre il 60% di tutta la lepidotterofauna italiana». Da qui l'appello, più che mai attuale, «ad una maggiore attenzione per la conservazione di questa eccezionale realtà naturalistica che tutta Europa ci invidia». Sarebbe il caso di meditare sul cemento malversato tra lago e colline. Ma questa è un'altra partita.
Quel regalo, a destinazione «sgarrupato», induce Giovanni Sala a insistere. Allo stesso tempo segue le orme paterne. Si laurea in Medicina e Chirurgia a Milano nel 1977, collabora con il Reparto di Chirurgia maxillo-facciale dell'Ospedale Civile - «medico senza retribuzione» - e si dedica poi all'odontoiatria. Passano gli anni. Fino al 13 luglio 2003. Giovannino è dalle parti del Crocedomini. Sta cercando di catturare, per un amico inglese, alcuni esemplari di una farfalla ricercata, la «Febo crocedominensis». È un attimo, scivola e cade. Per decine e decine di metri. Lo indica, tratteggiato su una fotografia della zona boschiva, il tragitto rovinoso di quel drammatico «volo». «Quel giorno - racconta - ha cambiato la mia vita». Le conseguenze sono serie. Al punto che i traumi alla colonna vertebrale non gli consentono più di riprendere il lavoro di dentista: «Chiuso».
L'uscita di sicurezza sta, per lui, in un battito di ali colorate. In quella passione che si è venuta via via consolidando fino a divenire, ora, professione. Non si contano contatti e collaborazioni prestigiose, qual è quella con il British Museum. Poi, le mostre didattiche, almeno una decina nel Bresciano e in giro per l'Italia.
La passione per le farfalle è ora lavoro. Un vissuto quotidiano che Giovanni Sala racconta quando si trova a spiegare il suo mondo di ali. Partendo dalla divisione fondamentale nelle due classi principali: diurne (Rhopaloceri, ovvero con antenne dotate di clava) e notturne (Heteroceri, con antenne diverse). Il nostro scienziato si occupa di specie per territorio, provvede alla classificazione, studia la biologia di questi meravigliosi insetti, è in contatto con il mondo degli esperti. Che si ritrova ogni anno a Basilea, dove in ottobre c'è la mostra-mercato mondiale delle farfalle.
Spiega che ciascuna farfalla è legata alla presenza di una pianta nutrice, di un arbusto «materno». Dipendenza che in molti casi favorisce il movimento, l'«esportazione» di alcuni esemplari. Come nel caso della Cleopatra (Gonepterix cleopatrae) che il nostro cacciatore di farfalle ha individuato nella zona da Gardone Riviera a Riva.
In generale, tra le farfalle i maschi sono più colorati, per ostentazione nei confronti della loro altra metà del cielo quanto dei nemici. Le femmine, in generale, più piccole e meno «chiassose» per presenza. Ci sono poi esempi eclatanti di mimetismo. La farfalla gufo (Caligo memnon) e la farfalla cobra (Attacus atlas) ne sono testimoni evidenti. Sulle loro ali gli occhi del rapace e la testa del rettile velenoso prendono forma per tenere lontano gli antagonisti naturali.
«Nel nostro Paese - spiega il naturalista - si conoscono 285 specie di farfalle». La più rara è stata localizzata da lui stesso in Val Venosta, a San Valentino alla Muta, dalle parti di Malles. «In un acquitrino vicino alla strada, su una superficie di circa duecento metri quadrati, ho individuato esemplari di Clossiana eunomia. È un biotopo da preservare in presenza di queste farfalle, che sono a rischio di estinzione. Almeno da noi. Ho scritto alla Provincia di Bolzano, nessuna risposta».
E nel Bresciano? «La più rara l'abbiamo localizzata con Raffaella Bettini e i suoi figli nel '98 sul versante est del Pizzocolo, sulla strada che da Persegno sale verso Archesane, a monte di Gaino. È in un fondo privato, minima parte del quale dovrebbe essere tutelato e destinato ai fini delle riproduzione. È la Brenthis ino, della famiglia della Nymphalidae. Si è rarefatta e rischia di scomparire. Non esiste in alcuna altra parte della Lombardia. Ne abbiamo rilevato la presenza pure sopra la Valvestino, grazie alla collaborazione di amici dell'Ersaf di Mantova e a Passo Nota, dove torneremo per qualche cattura in estate con l'amico Roberto Righettini, il prof.».
Si chiude qui, spazio tiranno, l'avventura nostra fra le farfalle di Giovanni Sala. Fra una Cleopatra e una Monarca. In un impercettibile fremito d'ali.
Enzo Gallotta
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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