Nel Bresciano calano le pratiche per gli sfratti, ma si teme escalation

Dopo gli anni del Covid, nel 2022 sono state 747 le ordinanze eseguite, in crescita sul ’21 del 260%
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TORNA L'ALLARME SFRATTI
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Il leitmotiv è sempre più frequente: a Brescia le politiche abitative sono un’emergenza. Eppure si direbbe che lo scenario sia in miglioramento, stando ai dati diffusi dal Viminale sugli sfratti eseguiti e richiesti nel 2022. Mentre in Italia i provvedimenti emessi (ovvero le pratiche avviate, non gli sfratti eseguiti) sono aumentati del 9,4% lo scorso anno, nel Bresciano sono risultati in diminuzione del 15,13%. Nel 2022 sono stati 645, un terzo dei quali in città. Non si tratta di un unicum in Lombardia – anzi Bergamo fa registrare il dato monstre del -44% e il calo compare anche a Pavia, Lodi e Lecco – ma la percentuale di certo stupisce, considerata la quotidianità contraddistinta da denunce, emergenze e difficoltà diffusa nel trovare abitazioni.

Gli accordi

Come va letto allora il singolare dato? A rispondere è Simone Cardin di Cgil Sunia Brescia, la principale associazione di inquilini ed assegnatari: «Bisogna sottolineare che il 2020 e il 2021 sono stati due anni di transizione per lo stop agli sfratti a causa della pandemia. Nel 2022 sicuramente abbiamo assistito ad una tenuta che è il frutto da una parte di accordi provinciali siglati nel tempo e dall’altra del tavolo della Loggia. Abbiamo però anche qualche perplessità sui dati del ministero che ci sembrano spesso troppo universali. Dal nostro osservatorio i dati del 2022 sono in linea con quelli del 2019, l’ultimo anno pre-pandemia».

E mentre nel Bresciano i fascicoli aperti paiono diminuiti, nello stesso 2022 si registra un più 262% di sfratti eseguiti (pari a 747) ma anche le richieste di esecuzione di sfratto presentate ad ufficiali giudiziali, cresciute del 183% – a confermare lo sblocco post-emergenza sanitaria.

Contributi

E le prospettive, per Cgil Sunia, non sono ottimistiche. Anzi, la situazione è già ora preoccupante, e all’orizzonte non ci sono certo segnali positivi che lascino ben sperare. «Quest’anno gli strumenti di tutela si sono ridotti – spiega il segretario generale dell’associazione bresciana Angelo Andreoli -, i contributi della Regione all’edilizia pubblica Aler sono stati tagliati del 90%. Questo porterà probabilmente ad un inasprimento delle disuguaglianze e delle difficoltà sociali. Anche perché i contributi assorbivano almeno un 10% degli sfratti, che ora verrà meno». Benzina sul fuoco di una brace già incandescente. Ma a Brescia c’è effettivamente un’emergenza abitativa? «Il problema esiste – conclude Andreoli -: per i bandi di Aler e del Comune il rapporto è di dieci a uno. Secondo l’Istat solo nel capoluogo ci sono 12mila alloggi sfitti. Quindi significa che c’è una volontà di lasciarli vuoti».

Per Cgil, Sunia e Udu è insomma necessaria una strategia complessiva per affrontare con risorse adeguate i nodi del disagio abitativo. L’appello è a rifinanziare il Fondo di sostegno per l’affitto e il Fondo per la morosità incolpevole, incrementare l’offerta di edilizia residenziale pubblica, integrare l’edilizia pubblica con quote di Edilizia residenziale sociale (Ers), realizzare residenze universitarie pubbliche nell’ambito del diritto allo studio e rivedere il regime fiscale legato alle locazioni per incentivare il canone concordato e favorire le locazioni di lunga durata.

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