'Ndrangheta, infiltrazioni a Brescia: chi sono gli arrestati

Tre decreti di fermo che si intrecciano tra Reggio Calabria, Ancona e Brescia. E che raccontano di una vicenda inquietante. Tra presunte infiltrazioni ’ndranghetiste al nord, pianificazioni di attentati tra Brescia e il Veneto, sequestri di armi da guerra sul territorio provinciale e un omicidio come vendetta tra cosche avvenuto a Pesaro. C’è tutto questo nel blitz dei carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza coordinato dalla procure distrettuali antimafia di Brescia, Ancona e Reggio Calabria. Al centro dell’inchiesta c’è l’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Girolamo, ucciso con 20 colpi di pistola il giorno di Natale del 2018 mentre viveva in una località segreta. A sparare e uccidere secondo gli inquirenti sono stati Francesco Candiloro e Michelangelo Tripodi.
Il primo vive a Brescia dove lavora come dipendente di una pasticceria della città e da ieri si trova in carcere in stato di fermo come indiziato di delitto. Senza precedenti viene ritenuto «un insospettabile che ha però un profilo criminale di alto livello». È stato raggiunto da un decreto firmato dalla Procura di Ancona che gli contesta il reato di omicidio con l’aggravante di aver agito per conto di un’associazione mafiosa, e da un secondo provvedimento - di 249 pagine - del pm di Brescia Teodoro Catananti che ipotizza i reati di ricettazione e detenzione di armi comuni e da guerra - da pistole a bombe a mano - al fine di compiere un attentato ai danni di un soggetto calabrese, in passato legato ad una cosca della ’ndrangheta e residente in un paesino nel Veronese.
Attentato, sempre per conto di clan mafiosi, saltato quando carabinieri e finanzieri trovarono le armi in casa e le bombe nascoste in campi agricoli. Alla pianificazione dell’omicidio, poi mancato, per la Procura di Brescia, oltre a Francesco Candiloro avrebbero partecipato anche Giuseppe Zappia, classe 1969 e residente a Nuvolera, Gian Enrico Formosa, classe 1967 di casa a Flero e i calabresi Michelangelo Tripodi, coinvolto quest’ultimo con Candiloro nell’omicidio di Pesaro, e Vincenzo La Rosa, nato nel 1972. Nell'ipotesi accusatoria i due calabresi sarebbero stati le menti dell'attentato e i bresciani gli esecutori materiali.
Tripodi e La Rosa sono stati accusati anche di associazione a delinquere di stampo mafioso dalla Procura di Reggio Calabria che ha fermato poi pure Rocco Versace, di 54 anni, considerato l’organizzatore del delitto di Marcello Bruzzese. Che venne freddato esattamente 15 anni dopo la scelto del fratello di diventare collaboratore di giustizia. E stando alle carte dell’inchiesta dietro l’omicidio c’è la cosca Crea, da cui Girolamo Bruzzese si era dissociato nel 2003.
«Abbiamo elementi - ha affermato il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri - sulla volontà di perseguire attentati nei confronti di chi si era reso responsabile delle disgrazie giudiziarie degli esponenti della cosca Crea. Questo ci ha indotto a intervenire». Il procuratore calabrese ha ricordato «una conversazione in cui uno dei fermati, parlando di una sentenza della Corte d’appello, diceva che ci voleva un Ak47, un kalashnikov e sparare a go go. Ci sono riferimenti, infatti, a un’autovettura blindata che sarebbe dovuta esplodere ma pure ad ulteriori attentati programmati in altri distretti, come a Brescia». In settimana attesi gli interrogatori di convalida davanti al gip.
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