Muro di Berlino: quel «Paspoort» e la neve «più fredda»

Pensieri e immagini dei nostri utenti sulle loro esperienze a Berlino, oggi e quando il muro c'era ancora
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In occasione dei venticinque anni della caduta del muro di Berlino abbiamo chiesto ai nostri utenti di raccontarci la loro esperienza della capitale tedesca. Tra ieri e oggi, viaggi e ricordi, quando il muro che spaccava in due la città c’era ancora e quando invece era già simulacro di qualcosa di svanito, eppure ancora quasi «tangibile», in una metropoli dalla storia unica. 
 
Ne è risultato un caleidoscopio colorato ed a tratti poetico. Nell’invitarvi a leggere la storia di quei ragazzi che partirono alla volta di Berlino e realizzarono una scritta destinata a diventare storica, vi proponiamo le riflessioni e le foto dei nostri utenti. 
 
Cristina Facchetti
Ho conosciuto Berlino quest’estate, dopo averla inseguita per molto tempo. Sì perché se ci pensi un attimo non è la distanza e neppure il tempo che mi frenava ma la consapevolezza che Berlino per me avrebbe potuto significare molto. A Berlino sono arrivata nuda, libera da vincoli sentimentali, priva di impegni lavorativi, libera da me stessa. Era una domenica quando, dopo la consueta colazione a Mauerpark in Prenzlauer Berg, ho ripercorso a piedi parte del percorso su cui si stagliava il Muro, esattamente lungo la Berneuer Strasse.
 
Ricordo la fatica con cui proseguivo nonostante non facesse troppo caldo ma le domande che mi mitragliavano la mente rendevano pesanti i miei movimenti. È difficile cercare di spiegarsi certi avvenimenti, è assurdo contestualizzare un Muro è doloroso accettare le cicatrici di una Divisione. Ricordo che nell’89 avevo sei anni, era il compleanno di mia madre e improvvisamente tutti se ne stavano lì, incollati alla TV mentre un Muro veniva fatto a pezzi. Io non capivo volevo tornare alla torta, alle risate, tra le braccia di mia madre e mio padre mi chiedeva di stare in silenzio. Percepivo che qualcosa di grande si stava materializzando. Berlino viene fotografata, scritta, visitata, amata, odiata. Berlino è la personificazione del bene e del male che può l’uomo. Berlino è inclusione ma anche esclusione.
 
Credo di essermi innamorata di Berlino, delle sue lesioni, delle sue crepe e delle sue divisioni che stanno lì a monito per farti male, perché Berlino è un pugno sferzato nei denti che ti sveglia dal tuo torpore e ti sbatte in faccia quanto l’uomo può e deve ancora fare per ricucire le ultime pezze.
 
M. Cucchi ricorda un viaggio risalente all’epoca della cortina di ferro (e mattoni). «Io c’ero. Ricordo ancora l’entrata nella Germania dell’Est in treno di prima mattina. Ricordo le guardie a cui, alla richiesta del passaporto, presentammo la nostra carta d’identità. Ci congelarono con un «Noo Paspoort?». Da lì in poi qualcosa è cambiato!».
 
La giovane fotografa Elena Pagnoni ha addirittura realizzato un bellissimo progetto fotografico che s’intitola «Ostalgie-Ricordi dall’Est». Nei suoi scatti in bianco e nero il Cafe Sibylle, Checkpoint Charlie e l’Alexanderplatz di oggi, incredibile mélange tra passato (con l’imponente Fernsehturm sullo sfondo) e modernità (sulla piazza si affacciano catene di negozi internazionali).
 
Claudia Zugno (via Facebook) ci ricorda del suo «viaggio a Berlino nel Marzo dell’86. C’era la neve. Quella dell’Est pareva più fredda e più sporca. I pochi metri che separavano le strade dell’Est da quelle dell’Ovest, sembravano chilometri. Galassie».
 
Mentre Angelo Massetti riporta una nota di colore. Perché in quegli anni c’era anche chi, in qualche modo, cercava di sdrammatizzare: «Berlino 1975, vicino al Checkpoint Charlie un italiano aveva scritto sul muro "l’ultimo ad uscire chiuda la porta!"». 
 
Infine Oscar Rossini. Che ci manda una foto speciale (la trovate nella gallery). La didascalia? «Questa estate ad agosto con la mia Vespa T5 presso il muro di Berlino, grande emozione!».

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