Migranti pagati meno degli italiani: ora si teme l’effetto Covid

Nei mesi più duri del Covid, la scorsa primavera, ci hanno consegnato il cibo a domicilio. Li abbiamo visti nelle corsie degli ospedali con i camici di medico o infermiere, condividere da badanti la clausura con i nostri nonni, garantire servizi essenziali di bassa manovalanza, continuare a lavorare nelle fabbriche.
Lavoratori stranieri che hanno contribuito alla ripresa. D’altra parte molti immigrati, fascia debole della popolazione, sono stati fra i più colpiti dalla crisi, basti pensare al sommerso e al precariato. C’è timore in questo senso. Un dato dice molto: fra tutti i 207mila lavoratori regolarizzati in Italia dal governo Conte (ricordate il caporalato in agricoltura?) un quarto, 47mila, sono badanti o colf residenti in Lombardia. Altro dato: in Lombardia il salario medio mensile di un dipendente italiano è di 1.530 euro, quello di uno straniero 1.179 (-23%). Colpa dei diversi ruoli, visto che sono soprattutto gli immigrati a svolgere i lavori più dequalificati, ma anche della paura di perdere la fonte di reddito (e dunque il permesso di soggiorno), che li spinge spesso ad accettare paghe più basse. In ogni caso gli stranieri, come dimostra il Dossier Statistico Immigrazione 2020 curato dal centro studi Idos, sono una parte «strutturale» della popolazione italiana.
Stabile. Franco Valenti, bresciano, grande esperto della materia, referente lombardo per la redazione del Dossier, l’ha detto chiaramente presentando ieri i risultati della ricerca: «L’immigrazione si è stabilizzata, c’è una piccola crescita e una sostanziale integrazione che aiuta anche la natalità, non ci sono invasioni». Vediamo i numeri bresciani: gli stranieri regolari sono quasi 158mila (+0,4), 131mila i non comunitari. Il calo degli extra UE è compensato dai comunitari. Un dato interessante è la richiesta di nuovi permessi di soggiorno, in grande maggioranza ricongiungimenti familiari. Nuclei che si ritrovano per mettere radici. «È una popolazione strutturale di immigrati - osserva Valenti - che partecipa alla vita del territorio». Economica, sociale. In Lombardia vive il 22,7% degli stranieri residenti in Italia; nel Bresciano sono il 12,5% sul totale della popolazione. Nel 2019 i nuovi italiani che hanno acquisito la cittadinanza in città e provincia sono stati 6.740 (un quinto del totale nella regione). Duemila e 336 i nati da genitori stranieri. Un altro dato che la dice lunga sul trend demografico: il saldo naturale della Lombardia è pesantemente negativo, mentre quello degli stranieri positivo (sia pure in rallentamento). Una situazione che per il 2020 sarà aggravata dal Covid.
Lavoro. A fine 2019 gli stranieri occupati in Lombardia erano 578mila (66mila i disoccupati, con un tasso del 10%, il doppio dei lavoratori italiani), nel Bresciano oltre 92mila: 76mila dipendenti di aziende, più di 10mila impiegati in servizi domestici, oltre seimila in agricoltura. Colpisce la tipologia delle professioni; c’è ancora un abisso fra italiani e stranieri. Il 34% di questi ultimi svolge lavori non qualificati (contro il 7%), solo il 10% impieghi di rilievo professionale (il 44%). La stessa percentuale di chi svolge un lavoro autonomo. La provincia con più stranieri è Milano (488mila, il 15% dei residenti), seguita da Brescia e da Bergamo (122mila, l’11%). In percentuale spicca il 13% di Mantova, con più di 55mila cittadini immigrati.
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