Mancano 109 medici di famiglia, ma tutti i bresciani ne hanno uno
La crisi c’è. E si trascina da anni in un crescendo di disaffezione verso la professione storica di «medico della mutua» che, nel tempo, con il progressivo cambio di nome, ha modificato anche ruoli, strumenti, organizzazioni e missioni. In molti hanno deciso di appendere in anticipo il camice al chiodo per non essere ulteriormente ostaggio di una burocrazia soffocante e di una crescente contrapposizione tra cure erogate negli ospedali e quelle di competenza territoriale. I neolaureati mostrano un rinnovato interesse, anche se sono vuote 20 delle 75 «sedie» del primo anno del corso di formazione specifica di Medicina generale gestito da Ats Brescia.
Negli ambulatori dell’intera provincia, invece, ci sono 109 sedie in attesa del titolare, sulle quali oggi si siedono supplenti incaricati dall’Agenzia di tutela della Salute. Per reclutare camici bianchi da inserire in graduatoria, mercoledì 15 giugno Regione Lombardia riapre i termini del bando, che scadrà il 15 luglio, per presentare candidature e curricola che verranno esaminate dalle Agenzie di tutela della Salute. Per la prima volta possono partecipare anche i non residenti.
Il nuovo bando
Il bando di maggio non ha registrato il pienone, ma rispetto all’ultima rilevazione, nel Bresciano si è passati da 49 a 39 ambiti carenti (ogni ambito territoriale raggruppa più comuni). Da 147 (di cui sette pediatri) a 109 medici titolari mancanti, su circa 750 in attività. Piccoli segnali di ottimismo. Ma non basta. Tant’è che ora, con una riorganizzazione della medicina territoriale ai blocchi di partenza, i medici di famiglia non sono sufficienti a garantire la loro presenza sia negli ambulatori sia nelle Case di Comunità. Quel che preoccupa è che la crisi della professione riguarda anche gli specialisti della cui mancanza soffrono i pronto soccorso ed alcuni settori-chiave della medicina e della chirurgia in cui il ricambio generazionale non è più garantito da tempo. Serve una riflessione, certo, che metta al primo posto una riorganizzazione generalizzata del Servizio sanitario.
Lo stupore
«Tuttavia, affermazioni come quella dell’assessore Moratti che ha parlato di infermieri come supplenti dei medici di famiglia per affrontare la carenza non possono che destare stupore» affermano i presidenti degli Ordini provinciali dei medici della Regione Lombardia a commento di alcune dichiarazioni di Letizia Moratti. Un cauto ottimismo aleggia nelle stanze di Ats in via Duca degli Abruzzi. «Da noi, al contrario di quello che accade in altre province, come quella di Bergamo da cui provengo, la carenza di medici di medicina generale è grave ma non tale da lasciare territorio scoperti - spiega Claudio Sileo, direttore generale dell’Agenzia di tutela della Salute di Brescia -. In sostanza, tutti gli assistiti hanno un medico di riferimento, o titolare o supplente, che garantisce un ambulatorio aperto per un certo numero di ore la settimana anche nelle zone più disagiate del nostro territorio».
Le difficoltà
La «copertura», tuttavia, avviene non senza difficoltà. Nell’ambito territoriale che comprende i comuni di Gavardo, Villanuova, Vallio, Paitone e Serle mancano tre medici. Per due di questi, su richiesta di Ats Brescia, vi è l’obbligo di aprire l’ambulatorio a Serle. «Non li possiamo obbligare: sono liberi professionisti e possono scegliere e, a fronte dell’obbligo, possono rinunciare a quell’ambito specifico» conclude Sileo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
