Maltrattamenti nella ginnastica ritmica, l’allenatrice torna davanti al giudice

Dopo avere incassato il no del giudice dell'udienza preliminare, Stefania Fogliata riproverà la via del patteggiamento a gennaio
Una ginnasta (foto generica)
Una ginnasta (foto generica)
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Dopo aver incassato il no del giudice dell’udienza preliminare Federica Brugnara, Stefania Fogliata, l’allenatrice di ginnastica ritmica finita nell’occhio del ciclone per i presunti maltrattamenti fisici e psichici inflitti ad alcune atlete dell’accademia Nemesi di Calcinato, tornerà in aula il prossimo 17 gennaio. E davanti ad un nuovo gup (Cesare Bonamartini), proverà ancora una volta la via del patteggiamento.

È da immaginare sin da ora riveda al rialzo la pena concordata con il pubblico ministero Alessio Bernardi, passando dall’anno e dieci mesi che per il giudice Brugnara non integravano il prezzo da pagare, ai due anni, limite entro il quale la giovane imputata potrebbe essere ammessa al beneficio della sospensione condizionale della pena e quindi evitare il carcere, al quale, sopra i due anni di condanna, non ci sarebbe alternativa trattandosi i maltrattamenti di reato che non ammette la concessione di benefici.

Cosa accadrà lo si saprà tra una quarantina di giorni. Non è da escludere che, nel corso dell’udienza preliminare, Stefania Fogliata si presenti per chiedere scusa alle persone offese.

Sono otto le ragazzine, alcune del giro della nazionale, che nell’estate del 2022 una dopo l’altra denunciarono i modi della loro allenatrice che a causa dell’inchiesta fu inibita dall’attività e sospesa dalla Federazione. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sulla base delle denunce delle atlete, e riportato nell’ordinanza con la quale il giudice la interdisse dall’attività, Fogliata «trasformò le ragazze in automi, rivolgendo loro critiche feroci, insulti gratuiti, aggressioni fisiche». «Un quotidiano stillicidio di improperi e umiliazioni ai quali si sono sommate le percosse» proseguiva il giudice. Per gli inquirenti la 31enne allenatrice non avrebbe lesinato spintoni, tirate per i capelli, strattonamenti o schiaffi in pedana. «Trovava ogni scusa per punire le atlete» ed era arrivata con questo atteggiamento a costringerle una a una, anche quelle prossime al debutto olimpico, a lasciare non solo la sua accademia e i suoi metodi, ma anche la ginnastica ritmica e il sogno di una carriera iridata. 

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